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Le polarità interiori

Le polarità interiori

Antonio Barbato e Jack Labanauskas

Nel profondo della passione

Il proposito di quest’articolo è quello di tentare di fornire una nuova prospettiva nella comprensione delle passioni, considerate come la base fondamentale dell’edificio egoico, e nella lotta contro gli aspetti più negativi delle stesse. Esso inoltre propone che ognuna delle nove passioni ha le sue polarità interne e che queste polarità sono fortemente influenzate sia dalle passioni adiacenti che da quelle collegate con linee. Il suo approccio è fondamentalmente di tipo dinamico poiché considera ogni passione e le sue manifestazioni, come il risultato personalizzato di una costante interazione fra le spinte istintuali dell’individuo e le reazioni, intese nel senso di turbative emotive, derivanti dalle risposte ambientali a queste spinte.

La Gerarchia nello sviluppo della Personalità

Alcune funzioni necessarie alla vita stessa come l’attività del sistema nervoso, la digestione e la circolazione sanguigna sono attive molto prima che la fissazione, la passione e la personalità evolvano. Tali funzioni restano vitali durante tutte le fasi dello sviluppo della personalità e restano indispensabili, anche quando sviluppiamo delle qualità più complesse e raffiniamo le nostre facoltà. Ken Wilber ed altri hanno suggerito che c’è un’immutabile gerarchia nelle fasi di sviluppo. Viene prima sviluppato un livello elementare di funzioni indispensabili alla vita; poi un livello primitivo di coscienza (oceanica, indifferenziata o riflessa); successivamente un primitivo nucleo di sensazioni differenziate di piacere e dolore ed infine, con lo shock del riconoscimento che c’è un “altro” diverso da noi, la fase della maturazione verso il nostro divenire adulti. Ogni nuovo stato più elevato di coscienza non elimina gli stadi precedenti ma si aggiunge semplicemente a loro incorporandoli. Pertanto le strutture basilari della personalità restano elementi primari, indipendentemente da quanto sofisticati siamo nel frattempo diventati. In sintesi possiamo dire che le funzioni che si sviluppano per prime nella nostra vita formano il terreno dal quale fioriranno le successive facoltà e che queste ultime manterranno sempre una stretta relazione di discendenza/dipendenza da quelle più primitive che le hanno precedute.

Se consideriamo che le emozioni si sviluppano prima del pensiero, possiamo comprendere perché, come dicono molti maestri di saggezza, “le emozioni dicono al pensiero che cosa deve pensare” e perché, inversamente, il nostro aspetto cognitivo abbia così poco controllo sulle emozioni. Riteniamo pertanto che le passioni, essendo derivate da emozioni primarie, abbiano un’influenza più forte delle fissazioni sulla nostra personalità. Questo non significa in alcun modo negare l’importanza della gnosi ma, piuttosto, intende porre l’accento sul fatto che le passioni manifestandosi per prime hanno una più decisiva influenza sulla formazione della personalità.

Le polarità interne della Passione: la Dualità nell’Unità

In un senso più generale le polarità possono essere considerate come una manifestazione di quel principio, conosciuto fin dalla più remota antichità, che possiamo denominare come la legge della Dualità nell’Unità e che è nota, ad esempio, nella filosofia e nella pratica quotidiana del Tao come il risultato dell’interazione fra il principio Yang e quello Yin. Lo stesso Gurdjieff era ben consapevole dell’importanza di questa legge poiché la presenta ai lettori, col suo abituale modo di proporre ragionamenti mediante immagini paradossali, nelle prime pagine de “I Racconti di Belzebù al suo Nipotino” con la parafrasi che “Un bastone ha sempre due capi”. Come ci viene spiegato successivamente questo per lui significa che in ogni evento possono essere distinti due principi (i capi) che, pur potendo sembrare in apparenza separati, sono in sostanza parte integrante di una stessa realtà perché legati da un interiore criterio di azione-reazione. Anche i padri della Chiesa Orientale che per primi si interessarono in un modo sistematico alle passioni e alle loro modalità di manifestazione, ben conoscevano questa interiore realtà a dispetto della apparente diversità, dato che ripetutamente suggerivano al pellegrino sul sentiero mistico di stare in guardia non solo contro quello che in termini mistici teologici definivano come “Il demone che soddisfa sé stesso”, ma anche contro quello che ripetutamente nella Filocalia viene chiamato “Il demone che contrasta sé stesso”. In questo modo essi intendevano sottolineare come la passione, che essi intendevano come uno spirito maligno che tentava l’uomo, potesse manifestarsi in maniere opposte. Così, ad esempio, non sfuggiva loro che la Superbia potesse sia apparire nel modo esplicito di chi sente superiore agli altri sia nascondersi dietro il velo apparente di chi si professa ipocritamente come il più umile degli uomini.

Deve essere chiaro che le Polarità non vanno interpretate secondo una logica di valore (cioè buono/cattivo o positivo/negativo) né devono essere considerate come due entità separate, dato che l’una non potrebbe esistere senza l’altra. Esse vanno piuttosto considerate come due forze uguali e complementari che agiscono insieme neutralizzandosi l’un l’altra in modo tale che nessuna delle due possa produrre solo una “esplosione” o una “implosione” dell’energia passionale. Si può solo affermare in senso generale che se una polarità nasce da una forza istintuale espansiva/dissipativi, l’altra rappresenta una forza restrittiva/contrattiva.

Tornando alla nostra abituale rappresentazione dell’Enneagramma intendiamo quindi proporre due distinti diagrammi riportanti quei concetti che ci sembrano ben esprimere queste dualità, che rappresentano allo stesso tempo il punto limite di ogni passione e la sua radice, e che secondo la legge del sette e del tre possono essere definiti come “Enneagramma delle Polarità nel senso delle frecce” ed “Enneagramma delle Polarità nel senso opposto a quello delle frecce”. Come già detto il discorso non è puramente teorico in quanto riteniamo che la consapevolezza dell’esistenza all’interno di ogni singola passione di una spinta normalmente ignota alla persona ad essa soggetta, possa permettere una comprensione maggiore di se stessi ed aprire la strada verso la nostra liberazione. In questo senso il discorso delle polarità è analogabile a quello Junghiano della “Ombra” e segue il precetto di San Massimo il Confessore, che suggeriva di distinguere gli aspetti delle passioni dalle reali immagini delle cose perché: ” separando la rappresentazione dalla passione rimane in noi il pensiero puro”.

Enneagramma delle Polarità secondo il senso delle frecce

1) Sensibilità 2) Libertà 3) Bene Proprio 4) Sbandamento 5) Sfiducia 6) Attacco 7) Sacrificio 8) Supremazia 9) Iperattività.

Enneagramma delle Polarità in senso contrario a quello delle frecce

1) Supponenza 2) Bisogno di Intimità 3) Spersonalizzazione 4) Rivendicazione 5) Certezza 6) Resa 7) Impermanenza 8) Soggezione 9) Letargia.

Riportiamo di seguito una breve chiarificazione di alcuni concetti per ogni singola polarità ripetendo che esse vanno, come già detto, viste come due forze che coesistono insieme come lo Yin e lo Yang all’interno di ogni passione e che vanno quindi armonizzate, secondo la prospettiva Buddista, nella ricerca della “giusta via di mezzo”. Questa interpretazione spiega quindi i collegamenti fra le passioni indicati dalle frecce facendo riferimento al prevalere di una delle due polarità. Rispetto all’idea dei momenti di stress e di sicurezza, essa ha il vantaggio di chiarire come un certo atteggiamento prevalga in molti anche indipendentemente da situazioni di crisi esistenziale.

IRA. Se, come sembra ormai accettato, l’ira è fondamentalmente uno “stare contro la realtà”, nel senso che la persona è mossa da una sensazione interiore che quello che accade nella sua vita o nel suo ambiente non corrisponde a quello che “dovrebbe” essere, possiamo facilmente comprendere come essa sia il risultato di un’elaborazione individuale delle due spinte della Supponenza e della Sensibilità. La prima può essere considerata come la sopravvivenza nell’adulto della spinta infantile a reprimere sensazioni dolorose di colpa o di vergogna mediante l’introiezione e la totale accettazione di un dettato di norme familiari-ambientali. La presenza di questa “legge” interiore, che predetermina quello che è giusto e quello che è sbagliato, dà al tipo Uno una base certa su cui potersi poggiare per esprimersi nella vita reale, e permette di attivare senza perdite di tempo le loro energie per un giudizio e la successiva azione. Il lato “meccanico” di questa Supponenza, o per meglio dire Sicurezza di sé, consiste nel fatto che essa opera giudizi prescindendo dalle motivazioni che sono alla sua base e che porta in casi estremi, come diceva San Giovanni della Croce, a chiudere il proprio cuore fino a sentirsi l’unico santo in un mondo di peccatori. La presenza, tuttavia, della Sensibilità, si fa sentire costantemente su questa Sicurezza impedendo che essa possa condurre un tipo 1 a ritenere che tutto dentro di sé stesso e per proiezione in ogni aspetto del reale, sia O.K. o meglio che O.K. Da questo punta di vista la Supponenza è un limite estremo delle manifestazioni dell’Ira in quanto oltre questo punto la Passione si trasforma diventando, come vedremo, quella della Gola.

La Sensibilità che è, invece, l’altra radice usualmente meno riconosciuta dell’Ira, deve essere correttamente considerata come una particolare forma di capacità percettiva. Possiamo dire, usando un’analogia col mondo dei suoni o delle onde elettromagnetiche, che un tipo 1 è dotato di un “orecchio” in grado di percepire manifestazioni non captabili da altri. Ciò si traduce, in ambito emozionale, in una fortissima capacità di comprensione e commozione di fronte a stimolazioni provenienti dall’esterno, che spinge gli Uno a difendersi talvolta anche a costo di un estremo irrigidimento. In conseguenza di ciò possiamo affermare che l’esistenza di questa polarità spinge il tipo Uno ad un attento controllo anche delle proprie emozioni dato che soltanto quelle che sono ritenute accettabili con sicurezza possono essere liberamente espresse. Per tali motivi non è infrequente trovare dei tipi Uno che, pur apparendo anche ai propri occhi come dei maestri di disciplina, confessano, quando possono sentirsi liberi di esprimere il loro vissuto, che questo atteggiamento è per loro sofferto e lacerante dato che contrasta con un’opposta spinta profonda. La Sensibilità è, inoltre, per l’Ira l’altro punto estremo di manifestazione, poiché se essa diventasse Ipersensibilità non consentirebbe più di mantenere un atteggiamento coerente di distacco necessario per un’azione “virtuosa” nel mondo e travalicherebbe in Invidia. Tutte le manifestazioni che siamo soliti attribuire all’Ira possono essere viste, come già detto, come il risultato dell’interazione di queste polarità. Diamo, quindi, un esempio concreto esaminando il caso della tendenza al miglioramento del numero Uno. A nostro avviso questa tendenza trae origine dall’interazione fra un giudizio, che presuppone per essere emesso di una base di Sicurezza, e la mitigazione offerta dalla Sensibilità che lo rende meno tagliente e definitivo. In altre parole è come se un Uno dicesse: ” Percepisco che in me e negli altri ci sono degli errori e delle imperfezioni, (giudizio basato sulla Supponenza) ma noi esseri umani siamo soggetti a sbagliare e quindi non bisogna perdere la speranza di poterli correggere continuando ad agire (correzione derivante dalla Sensibilità)”. In questa prospettiva possiamo considerare la virtù della Serenità come uno stato di fiducia totale, in cui si può deporre la pesante corazza della Supponenza, perché vi è la certezza che nulla o nessuno potrà ferire i sentimenti delicati percepiti dalla Sensibilità.

ORGOGLIO (SUPERBIA): L’etimo della parola latina Superbia, corrispondente al termine Orgoglio, pone in rilievo la sensazione di superiorità sugli altri tradizionalmente attribuita a questa passione senza, peraltro, cogliere quale siano i fenomeni che sono alla base di questa sensazione. Essi possono essere, invece, ben compresi esaminando il mito cristiano che ci spiega la caduta di Lucifero, l’angelo prediletto di Dio, come risultato del suo dire “Io sono” innanzi al suo signore. Il desiderio di Libertà in tutti i sensi (che implica necessariamente un forte amor proprio che non vuole sentirsi subordinato o accettare restrizioni emozionali da nessun altro), espresso in questo racconto è, in realtà, la vera radice di questa passione unitamente ad un bisogno di contatto, di Intimità, che, come nel caso della Sensibilità per l’Ira, rivela il lato più delicato e tenero presente nei tipi Due. Possiamo facilmente comprendere queste polarità come elementari risposte di un bambino che sulla base delle proprie sensazioni si ribella, istintivamente ed emozionalmente, ad un vissuto percepito come privativo e normativo rispetto ad un “tempo” precedente d’amore ed accettazione. La reciproca interazione delle due polarità definisce l’intero campo di manifestazione dell’Orgoglio e mostra inoltre gli stretti collegamenti esistenti fra esso, l’Invidia e l’Eccesso. Così, ad esempio, il bisogno di Intimità pur essendo particolarmente acuto e richiedendo la presenza degli altri, non può mai sfociare nell’iperdesiderio e nella dipendenza dell’Invidia grazie al forte freno esercitato dall’insopprimibile spinta alla Libertà. (Da questo punto di vista tutto il dramma dell’opera Carmen di Bizet può essere compreso come un’incapacità di moderazione delle spinte profonde di questa polarità interiore da parte della protagonista). Un analogo discorso può essere fatto per il bisogno di Libertà che pur portando talvolta un numero Due ad agire solo sotto l’influenza dei suoi desideri interiori, non condurrà al comportamento antisociale dell’Eccesso per effetto della considerazione degli altri indotta dal desiderio di Intimità. L’amore per i bambini così evidente in questa passione può essere così facilmente compreso, dato che esso soddisfa il bisogno di Intimità senza contenere una minaccia o una limitazione per il senso di Libertà. Va chiaramente sottolineato che anche queste polarità, come tutte le radici passionali, sono in definitiva la sopravvivenza nell’adulto di manifestazioni difensive indotte da un’infantile assenza o perdita di amore (che io chiamo Ferita Originaria), cui si cerca di porre rimedio. L’Umiltà sotto questa prospettiva può essere correttamente intesa come un sincero riconoscimento della necessità di amore nascosta nel bisogno di contatto profondo, (per questo molti Due anche indipendentemente da situazioni di crisi esistenziale riferiscono di sentirsi talvolta molto vuoti dentro) contemperato dalla consapevolezza del fallimento della ricerca di una Libertà esteriore senza una correlativa liberazione interiore.

INGANNO. La conclusione della favola di Fedro dell’avventura della volpe con la maschera teatrale (E’ bella ma è vuota dentro), pone in rilievo come ad un osservatore esterno appaia con evidenza la difficoltà dell’Inganno a contattare con facilità il proprio mondo interiore. Essa inoltre sottolinea la tendenza di questa passione verso una risposta “esteriore” che è erroneamente ritenuta essere una soddisfacente alternativa a questa incapacità. In termini più generali possiamo affermare che nell’Inganno sono presenti in modo inscindibile sia una forma di Spersonalizzazione, derivante dal non riuscire ad avere un pieno contatto con i propri sentimenti, sia una ricerca alternativa di soddisfazione che si concretizza nella ricerca di quello che è percepito come Bene Proprio. Possiamo anche qui comprendere queste polarità come il risultato della soppressione di quelle pulsioni istintuali ed emozionali che sono risultate indesiderabili nell’ambiente che circondava il bambino. Esse sono stati sostituite, come nel caso del tipo Uno, dalla accettazione attiva di altri valori che hanno fatto percepire il mondo come un ambiente in cui il valore fondamentale è rappresentato da un misurabile Bene proprio (Self-Interest). Anche in questo caso le due polarità rappresentano dei limiti invalicabili che interagiscono fra loro. La Spersonalizzazione pertanto non potrà mai condurre un numero Tre verso la narcotizzazione e la totale dimenticanza di sé dell’Accidia dato che il Bene Proprio agirà come fattore di contrapposizione esercitando una azione centripeta verso l’interno della personalità. D’altra parte il Bene Proprio, pur richiamando costantemente la persona all’attenzione e alla cura di se stessa, non porterà alla preoccupata e affannosa ricerca di sicurezza e rassicurazione della Paura per effetto della spregiudicatezza indotta dalla Spersonalizzazione. Da quanto detto sopra è facile comprendere quanto per i tipi Tre l’approccio offerto dall’Enneagramma sia veramente arduo, ponendo la persona, come la regina della favola, davanti ad uno specchio che non mente. Fra tutte le passioni l’Inganno è quella che, infatti, rende la persona più inconsapevole delle sue reali necessità offrendole come soddisfazione alternativa una serie di obiettivi e di certezze (talvolta anche di ordine spirituale) che la rendono, però, sempre più estranea a se stessa. La Verità in questa prospettiva può essere intesa come un continuo richiamo al bisogno d’amore della parte più intima e inascoltata di se stessi. Un’attenzione verso quella realtà interiore che, per citare la bell’immagine di Tommaso da Kempis, “ci parla incessantemente dentro senza suono di parole e…. vede la luce inestinguibile che penetra nel profondo del cuore se solo la lasciamo entrare”.

INVIDIA. Il senso di carenza, di qualcosa di mancante o sbagliato nella persona, è ritenuto comunemente essere il segno più chiaramente distintivo dell’Invidia. Nessuno, tuttavia, fornisce un’indicazione chiara della sua origine aldilà di un generico riferimento ad esperienze infantili di una privazione d’amore. Questa spiegazione non è pero esaustiva dato che, come abbiamo visto, questa condizione di privazione non è riferibile solo al 4 ma, con leggere variazioni, è alla base di tutte le formazioni passionali. Essa, inoltre, non fornisce alcun aiuto pratico alla persona nel distinguere una direzione verso cui orientare i propri sforzi. Le polarità ci permettono, invece, di individuare con immediatezza cosa si trovi alla base di questa sensazione. Se consideriamo, infatti, le interazioni dinamiche delle passioni collegate all’Invidia vediamo che in essa confluiscono spinte opposte difficilmente conciliabili. Agli influssi “implosivi” (nel senso che l’energia in questi casi si dirige verso l’interiore della persona) dell’Ipersensibilità, di un disperato Bisogno di Contatto, della Sfiducia e della Spersonalizzazione si contrappongono quelli “esplosivi” (l’energia si dirige verso il mondo esterno) della Sicurezza di sé, della Libertà, del Bene Proprio e della Certezza. L’esito finale di questo scontro produce in un numero 4 una difficoltà nel valutare correttamente se stesso e le cose della propria vita ed una opposta sensazione di meritare di più di quello che si è e che si ha. Definiamo la prima tendenza, o polarità, come Sbandamento o Disorientamento in quanto essa può essere considerata come una perdita di chiari punti di orientamento cui far riferimento nella valutazione di sé. L’assenza di questa bussola emozionale interna ci spiega correttamente molti fenomeni come, ad esempio, i frequenti mutamenti d’umore dei Quattro. Anche la tristezza può essere facilmente spiegata come il risultato del ricordo inconscio di una caduta da uno stato originario d’amore sicuro (il Paradiso Terrestre del Genesi), alla vissuta situazione esistenziale del Disorientamento. La persona quindi non sa che quello che veramente gli occorre è un amore che va trovato all’interno di se, in modo analogo a quello che avviene nell’Inganno di cui l’Invidia è un satellite, ma continua incessantemente a ricercare una soddisfazione al suo bisogno attraverso i contatti col mondo esteriore. Questa tensione costituisce quindi l’altra polarità dell’Invidia che noi definiamo col termine Rivendicazione. Essa, tuttavia, per effetto dell’azione della prima polarità non darà mai la soddisfazione tanto bramata e lascerà un invidioso con un senso di frustrazione che, a sua volta, renderà il Disorientamento più forte. Il senso di colpa, così tipico dei tipi Quattro, può essere compreso come un prodotto di questo processo. In esso si mescolano inscindibilmente una rabbia rivendicativa con la sua dolorosa distruttività che si ritorce contro la persona, e uno Sbandamento che non permette di distinguere quello che è giusto da quello che è sbagliato. Col prevalere della Rivendicazione si hanno invece altri comportamenti tipici dell’invidia come, ad esempio, la tendenza alla vendetta e la rabbia. Anche nell’invidia le due polarità sono dei limiti invalicabili. Lo Sbandamento, quindi, pur privando i tipi Quattro di definiti punti di riferimento interni, non potrà mai trasformarsi in quella posizione di anarchia sentimentale del Due (Libertà) che, come avrebbe detto Nietsche, va al di là del bene e del male pur di permettere la sua espressione. La Rivendicazione, d’altra parte, pur impegnando la persona nello spasmodico tentativo di fare bene ed ottenere così un giusto riconoscimento, non riuscirà mai a far conseguire ad un Quattro quella sensazione di essere nel giusto (Supponenza) che ritroviamo nella consapevolezza dei tipi Uno. A questo proposito ci sembra, inoltre, importante rilevare che la Rivendicazione è esercitata solitamente nei propri confronti. Così un numero 4 diventa il peggior nemico di se stesso visto che, malgrado ogni buona volontà ed impegno, il risultato sarà sempre insoddisfacente per effetto dello Sbandamento. La proiezione di questa dinamica è, a sua volta, all’origine della tendenza ad incolpare le persone più care della propria insoddisfazione ed alimenta ulteriormente il processo. Da quanto abbiamo appena detto appare chiaro che l’Equanimità può essere considerata come la pacificazione di questa lotta interiore. Ciò può accadere solo se si smette di pretendere da sé e dagli altri un qualcosa che non è ottenibile, e ci si apre a quell’amore che non ci ha mai abbandonato e che non fa differenze.

AVARIZIA. Possiamo comprendere agevolmente le dinamiche interne di questa passione utilizzando la metafora che descrive l’avaro come un naufrago che preferisce restare con poche provviste sulla sua barchetta piuttosto che affrontare il rischio di perderle nuotando oltre gli scogli della vicina isola ricca di frutta. Tale posizione esistenziale può essere considerata come il risultato del contrasto fra un forte senso di Sfiducia, verso la possibilità di mutare la propria condizione, e la reazione derivante dalla penosa Certezza che esiste una meritata pienezza che non si riesce a raggiungere a causa della propria insufficienza. Queste polarità si originano quando l’apertura prodotta dal naturale istinto d’espansione del bambino incontra un’opposizione ambientale (sotto forma di choc emozionale, freddezza comunicativa o invadenza degli spazi del bambino), che fa percepire i sentimenti come pericolosi o distruttivi e provoca una dolorosa rinuncia agli stessi. Tale ritrazione pur congelando lo slancio espansivo, dato che essa ha alla sua base una sensazione di Sfiducia, non riesce a cancellare del tutto il desiderio di essere ed avere e il ricordo del calore emozionale che è stato provato precedentemente. Una eco molto intensa di questa sofferenza può essere ritrovata nelle parole del poeta italiano Giacomo Leopardi (un Quattro con molte connotazioni del Cinque) il quale ricordava che: “Se a noi uomini è tolto l’ottenere, ciò nondimeno più intensamente desideriamo”. Va rilevato che questo meccanismo è anche alla base di quella ribellione “fredda” giustamente da molti rilevata in questo carattere. Il prevalere della prima polarità conduce il Cinque al pessimismo e a quella forma di inedia percepita dalla persona come incapacità a fare, mentre il dominio della seconda spinge alla incessante ricerca di una posizione interna di sicurezza da cui partire per la conquista di una propria soddisfazione (perfezionismo e tendenza a nascondersi). Vale la pena di ricordare che anche queste polarità si formano per l’effetto dell’azione combinata delle altre passioni collegate all’avarizia. Possiamo così spiegarci questa implosiva Sfiducia considerando che essa è il risultato delle spinte derivanti da un pervadente senso di Soggezione, dallo Sbandamento emozionale, dalla tendenza alla Resa e dal riconoscimento esistenziale della Imparmenenza delle cose del mondo. La Certezza, invece, unifica in una sola risposta le forze esplosive della Rivendicazione, della Supremazia, dell’Attacco e del rifiuto ad accettare ogni altro Sacrificio. Com’è facile capire la Sfiducia è in ogni modo un limite estremo dell’Avarizia, poiché la Certezza impedisce che essa si trasformi in totale sconforto. Se ciò si verificasse il Cinque andrebbe verso quella posizione di inutilità di ogni sforzo e di consapevolezza della Impermanenza di ogni cosa, che ritroviamo rimossa come radice primaria della Gola. All’opposto la Certezza non può mai condurre alla sicurezza di ottenere una piena soddisfazione dei propri desideri (Eccesso), poiché la Sfiducia vanifica implicitamente questo tentativo. Da quanto abbiamo detto appare chiaro che la virtù del Distacco o Abbandono può essere considerata come una forma di liberazione delle proprie energie che consenta alla persona di ritrovare in se stessa il coraggio di riaprirsi al mondo. Questo movimento dinamico non può però compiersi senza il concorso della spinta emozionale prodotta da una speranza che non deve mai abbandonarci. Riteniamo che potrebbe essere di aiuto ad un 5 meditare su queste parole del poeta greco Euripide: “Oh marinaio perso nella notte oscura! Se anche conoscessi le onde ad una ad una, senza l’aiuto di una stella che t’indichi la via e la speranza di arrivare in porto, dove mai ti porterà il tuo confuso navigare?”.

PAURA. Per spiegare con immediatezza le polarità della Paura è utile fare ricorso alla situazione del topo inseguito da un gatto, utilizzata da Claudio Naranjo. Nell’esempio l’animale, seguendo il proprio istinto, sì da abitualmente alla fuga davanti al pericolo fino a quando le forze e le circostanze glielo consentono. Se, però, non è possibile trovare una via di salvezza, egli si gira ed affronta l’assalitore aggredendolo. Nell’animale uomo le reazioni sono leggermente diverse giacché, solitamente, non è in pericolo la propria vita fisica ma, piuttosto, la propria vita istintuale ed emozionale. Possiamo così comprendere come, davanti ad un ambiente ostile o minaccioso, il bambino possa fuggire verso uno spazio interiore in cui può sentirsi al sicuro da ogni pericolo (mentre esteriormente cede alle pretese dell’autorità), o, alternativamente, passare ad una forma d’aggressione diretta sentendo venir meno il proprio spazio interiore. Definiamo la prima polarità col termine di Resa facendo riferimento al fatto che in questo caso vi è un’accettazione acritica di un dettato di norme comportamentali esterne che non viene, a differenza di quanto accade nell’Ira, fatto proprio. Questa “soggezione alla legge e all’autorità” contrasta tuttavia con la difesa di uno spazio interiore (percepito come vitale) di libertà istintuale ed origina un forte contrasto fra la Resa e un latente desiderio di ribellione (Attacco). Da quest’interazione nascono fenomeni tanto tipici del Sei come l’accusa e l’ambivalenza. Fin quando la Resa è prevalente la persona tende a rifugiarsi nel conformismo e nella inattività senza, tuttavia, cadere in quel senso di Letargia che vedremo in essere nel numero Nove. Quest’inattività è, infatti, da considerare il risultato di un permanente stato di allerta ed attenzione, di una “esitazione dinamica” che non trova soluzione, piuttosto che un evitamento o una fuga dal problema. Se la Resa non fosse normalmente bilanciata dall’Attacco, la persona, come un animale inseguito che ha consumato tutte le sue energie, si abbandonerebbe ad un’accettazione fatalistica di quello che gli accade. L’altra polarità, che abbiamo denominato Attacco, ci permette di comprendere come gli atteggiamenti verso il mondo sia interno che esterno, siano il risultato di una risposta emotiva che si libera momentaneamente da ogni condizionamento. Anche se il prezzo da pagare per questa temporanea liberazione è quello di dover poi sottostare ad una tormentosa analisi delle proprie azioni per verificare le conseguenze di quello che si è fatto, si può ben capire come essa spinga i tipi Sei a ricercare anche situazioni estreme di pericolo pur di provarne l’ebbrezza. In ogni caso l’Attacco non potrà mai condurre un pauroso ad una completa fiducia in se stesso (posizione dell’Inganno) e negli altri, dato che il desiderio di Resa agirà come fattore di contrapposizione. Anche l’Attacco può inoltre essere considerato come una particolare risposta individuale all’influenza delle altre polarità passionali, dato che in esso confluiscono le spinte della Iperattività, del Bene Proprio, dell’Impermanenza e della Certezza.

Da quanto abbiamo detto appare chiaro che la grande virtù del Coraggio non va considerata come una spinta ad osare di più, ma, piuttosto, come l’energia che deriva dalla speranza che niente e nessuno potrà toglierci la pace che è da sempre dentro di noi. Ecco perché San Giovanni Damasceno, che fu il primo ad includere la Paura e la Codardia fra le passioni dell’animo, suggeriva: Non trattenere ossessivamente il tuo intelletto sui pensieri che lo percorrono, perché così facendo dimenticherai i doni di cui la generosità divina ti ha riempito”.

GOLA. In un verso di una sua poesia il principe Lorenzo de Medici da vero tipo Sette afferma: “Chi vuol essere lieto sia, del domani non v’è certezza”. Ritroviamo in quest’affermazione l’espressione più completa di una delle polarità della Gola: l’Impermanenza. Essa trova origine nell’infantile perdita di una situazione di contatto pieno e satisfattorio che è vissuta come un doloroso stupore. Ciò induce, tipicamente, il goloso a negare l’esperienza emozionale mediante l’uso di strategie di pensiero che tendono a ridurre l’impatto di questo distacco, pur se esso, come una spina, rimane ben presente nella consapevolezza della persona nella forma di una sfiducia che qualcosa possa durare per sempre. Abbiamo così la tendenza del Sette a pensare che ad un piacere se ne sostituirà sempre un altro, ed insieme l’idea che vale la pena di fare qualunque cosa pur di ottenere la soddisfazione che si desidera. Ritroviamo un esempio classico di questo modo di essere nell’episodio di Ulisse e del canto delle sirene raccontatoci da Omero. Ulisse, pur di non perdere l’incredibile piacere di sentire quelle incantevoli ma mortali cantanti, e ben consapevole dei rischi cui andava incontro, si fa legare, dai compagni cui aveva tappato le orecchie con della cera, all’albero di maestra della nave con delle corde che non può spezzare. In questo modo egli può permettersi di vivere un piacere che aveva ucciso tutti quelli che lo avevano provato, anche a costo di una sofferenza che lo rende quasi pazzo. Riteniamo, pertanto, che quest’altra polarità della Gola possa essere ben descritta dalla parola Sacrificio. La prevalenza di questa polarità condurrà un tipo Sette a compiere qualsiasi azione necessaria per il raggiungimento della propria soddisfazione, senza curarsi del prezzo che egli stesso o gli altri dovranno pagare. Se è vero che questa posizione esistenziale può condurre alla inaffidabilità e alla amoralità che viene molto spesso viene rimproverata ai golosi, è altrettanto vero che essa, quando è contemperata da un vero amore, rende i Sette persone in grado di lavorare duro ed impegnarsi totalmente al servizio di una persona, di un ideale o di un gruppo. Anche nella Gola, ovviamente, le polarità sono dei limiti invalicabili dalla cui interazione nascono tutte le manifestazioni della passione. Così il senso della Impermanenza verrà continuamente negato dalla possibilità di provare piacere mediante altre esperienze (tendenza al movimento continuo), e non travalicherà in quella totale Sfiducia esistenziale che abbiamo visto in azione nell’Avarizia. D’altra parte il Sacrificio sarà strategicamente accettato solo come un mezzo per raggiungere uno scopo e non diventerà mai quell’attitudine a mantenere i propri impegni a tutti i costi che caratterizza l’Ira. La virtù della Sobrietà va considerata come un dolce invito ai golosi a non disperdersi in mille cose, temendo che tutto possa essere perso d’improvviso. Un incitamento a concentrarsi sulla speranza che esiste una forma d’amore che non può mai essere perduta, e per la quale vale la pena di vivere. Una posizione esistenziale che può essere così riassunta tramite le splendide parole del poeta persiano Iraqui:

Come bambini alla tua scuola d’amore

impariamo (con la speranza) l’alfabeto dell’amore;

mi avvio lungo la via a morire,

ma sono felice; non mi volterò indietro.

ECCESSO. L’insaziabile sete esistenziale che abbiamo visto in azione nell’Invidia, è la radice che nutre anche la passione dell’Eccesso di cui la Lussuria è una specificazione nel campo dei rapporti carnali. A differenza ed in opposizione alla prima abbiamo però in questa passione una piena affermazione della propria capacità di provare soddisfazione. Ciò si realizza mediante un ricorso smodato alle più varie stimolazioni e, in maniera analoga a quello che accade nel Sette, si spinge fino al punto da fare apparire lecita ed utile ogni azione finalizzata al raggiungimento del proprio scopo. Definiamo questa polarità colla parola Soggezione intendendo così sottolineare sia il carattere di totale sottomissione ai propri impulsi istintuali, sia il senso gerarchico che è così forte nell’Eccesso. Essa si origina nell’esperienza emozionale di un bambino, soggetto ad un’autorità vissuta come ostile o illegittima, che promette a se stesso di non soffrire più per le privazioni subite e fare vendetta per questo. Come per tutte le altre passioni, inoltre, la Soggezione può essere considerata come il risultato personalizzato delle tendenze esistenti nelle polarità ad essa collegate. Non è difficile così comprendere come essa si origini sommando in sé la profonda Sfiducia dell’Avarizia, il grande bisogno di Intimità della Superbia, la tendenza al Sacrificio del Sette e il sonno esistenziale (Letargia) della Accidia. Abbiamo già rilevato che, fin dalla sua origine nell’Eccesso è presente, in interazione con la Sottomissione, una forte spinta a far ricadere sugli altri il costo delle proprie esperienze dolorose. Questa tendenza conduce tipicamente il Lussurioso ad agire in modo da diventare egli stesso l’autorità prevaricatrice cui si fu soggetti. Riteniamo, pertanto, che questa altra radice dell’Eccesso possa essere correttamente descritta con l’uso della parola Supremazia. Essa ci sembra esprimere bene la tendenza del numero Otto ad essere un leader indiscusso e a porsi al di sopra delle regole che si pretende gli altri rispettino. In questo modo e sentendo di esercitare una forma di “giustizia” riparatrice, il Lussurioso può porsi al riparo dai sensi di colpa che ne ostacolerebbero l’azione. Ciò, tuttavia, non impedisce che la tendenza alla Soggezione, interagendo con l’opposizione della Supremazia, si faccia sentire nell’esperienza della persona, producendo un’acuta sensazione d’ansia che rende necessaria una ancor più violenta “prova” della propria capacità di dominare il dolore e l’insicurezza. In questo senso la Supremazia è anche un limite estremo dell’Eccesso in quanto essa, inducendo ad un attento controllo delle proprie debolezze, non potrà mai diventare l’incondizionata libertà di sentire e manifestare che ritroviamo espressa dalla Superbia. La Soggezione, a sua volta, non potrà mai diventare, per effetto dell’interazione indotta dalla Supremazia, quel pervadente senso di subordinazione e inutilità che nutre la Sfiducia del 5. La virtù dell’Innocenza può essere quindi intesa come l’energia necessaria per ottenere la capacità di perdonare, e chiedere perdono, per quello che si è fatto o subito. Una forza che può solo derivare dalla fiducia in una giustizia legittima e amorevole, che non opera giudizi e considera le nostre mancanze non come colpe ma solo come il segno della nostra umana debolezza. Riteniamo pertanto che per comprendere il significato di questa posizione sarebbe utile per un tipo 8 utile meditare sulle parole di San Giovanni Crisostomo: “La giustizia senza misericordia è soltanto spietatezza: la misericordia senza giustizia è solo fatuità”.

ACCIDIA. La passione della Pigrizia tradizionalmente è stata considerata come quella che rappresenta meglio lo stato abituale della condizione umana. La parola greca, infatti, che originariamente era usata per descrivere questa passione era il termine Achedia (non curarsi). Con essa s’intendeva descrivere quella mancanza di attenzione verso ciò che vi è di essenziale nell’esistenza che è propria di una coscienza distratta dalle cose del mondo. La letteratura cristiana antica, che la descriveva come “il demone di mezzogiorno”, ne rilevava correttamente sia la tendenza all’ozio e al torpore, (il demone, cioè, che soddisfa se stesso) sia la tendenza a distrarsi e a dimenticare i propri compiti mediante un alternativo affaccendarsi in mille cose di poca importanza (il demone, cioè, che contrasta se stesso). Seguendo quest’impostazione definiamo la prima polarità con il termine Letargia. Essa opera all’interno della persona spingendola verso un comodo adattamento alle cose o alle persone e facendole, tipicamente, ritenere che una tranquilla subalternità sia migliore dello sforzo necessario per imporsi o affermare il proprio valore. Quando questa polarità è molto forte, inoltre, essa induce all’abulia e al rifugio nel sonno prolungato come se la persona scegliesse volontariamente di non essere. L’effetto, tuttavia, della seconda polarità, l’Iperattività, impedisce che questa posizione esistenziale d’abbandono possa durare per sempre trasformandosi nella posizione della Resa che abbiamo visto nel Sei. Così ai periodi di inattività seguirà, prima o poi, una alternativa fase in cui un Nove si darà da fare in maniera sfrenata e si impegnerà in mille attività. Anche in questo caso, tuttavia, un accidioso agirà per potere continuare a dimenticare se stesso e le sue più profonde esigenze e non finalizzerà le sue azioni al Bene Proprio che abbiamo visto in azione nell’Inganno. Possiamo ritenere che queste due polarità nascono dall’esperienza di un bambino, naturalmente vivace e dotato di buona energia, che a contatto con un ambiente normativo e repressivo sente di dover rinunciare ai propri bisogni in favore di un “altro” vissuto come più bisognoso. In questo modo nel Nove si realizza quella che possiamo considerare come una parodia della virtù in quanto i bisogni e le energie personali, ben lungi dall’essere eliminati, troveranno una soddisfazione alternativa mediante una totale identificazione con “l’altro” (la propria famiglia, il proprio partner, il proprio gruppo). Questa premessa è indispensabile per comprendere che quello che veramente serve ai Nove non è un’attività frenetica o all’opposto la rinuncia, ma, piuttosto, una fiducia nel continuo richiamo a se stessi, all’ascolto del proprio cuore, che è indispensabile per permettersi di avere un vero contatto con se e gli altri. Se non vi è questo atteggiamento tutto ciò che facciamo rischia sempre di essere dispersivo, meccanico e privo di senso. Come i Vangeli affermano se l’Azione non è illuminata, non è cioè preventivamente meditata e non scaturisce dalle profondità del cuore, essa non raggiunge nessuna finalità spirituale e diventa solo uno spreco della propria esistenza. Riteniamo che ai pigri sarebbe utile meditare sui due comandamenti più alti insegnatoci dal Cristo (ama il tuo Dio con tutto te stesso e ama il tuo prossimo come te stesso) ricordandosi, paradossalmente, che senza un vero amore per se stessi non ci può essere nemmeno un vero amore per gli altri.

In conclusione di questo breve articolo vorremmo citare, come atto di omaggio, le raccomandazioni di Eraclito di Efeso verso cui siamo più debitori per le idee che abbiamo esposto: “Gli uomini sono come addormentati: non sanno ciò che fanno da svegli proprio come non sono coscienti di quello che fanno dormendo e continuano ad agire secondo una logica separatrice che non è quella reale. Niente rimane sempre uguale a se stesso: tutto muta continuamente e ogni fenomeno si trasforma alla fine nel suo opposto. Ogni cosa nasce da un’interazione con il suo opposto e non perché esiste in sé e per sé. Il principio e la fine sono la stessa cosa e, per quanto tu possa camminare, non arriverai mai ai confini dell’Anima. Cerca quindi quello Spirito che non ha tempo o spazio, quella Verità che unisce ogni cosa”.

© Copyright Antonio Barbato e Jack Labaunaskas. Tutti i diritti riservati.

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