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Gli Alibi dell’Ego

Gli Alibi dell’Ego

di Antonio Barbato

Nel numero di febbraio 2002 dell’Enneagram Monthly ho trovato un’interessante lettera di Scott Crowther, nella quale l’autore propone di usare, per le passioni del tipo Uno e del Sei, le parole Justification e Consensus. In particolare, Crowther ritiene che sia più corretto utilizzare il termine “Justification”, al posto dell’usuale Ira, perché il tipo Uno “spesso si auto giustifica allo scopo di avere ragione”. In realtà questo modo di essere non è esclusivo del tipo Uno in quanto, a mio avviso, ogni tipo utilizza un comportamento analogo per giustificare una sua specifica modalità di aggressione verso gli altri e, più in generale, verso il mondo intero. L’idea che all’interno della nostra psiche operi continuamente una funzione che ci permette di sfogare la nostra aggressività, senza sentirsi troppo in colpa, in realtà non è per niente nuova.

In ambito psico analitico già Otto Rank, uno dei primi allievi di Freud, affermava che “l’aggressività, anche quella passiva o di resistenza, si esplicita molto più facilmente quando possiamo dare agli altri la colpa del nostro comportamento” (Annuario di Psicoanalisi). Quest’atteggiamento dell’ego può essere considerato come l’utilizzo, in parte cosciente, di una determinata strategia basata su una precisa giustificazione delle proprie azioni. Qualcosa di simile all’uso di un anelgesico per rendere meno esplosivo il contrasto fra quegli impulsi (o pulsioni) istintuali aggressivi, che in termini freudiani sono genericamente definiti come “mortido”, o istinto di morte (per una brevissima descrizione vedi il mio articolo Instincts, Centers and Subtypes part One), e l’insieme degli altri componenti di quello che Peter O’Hanrahan chiama il Sistema Difensivo (Enneagram Monthly, rivista 58 Febbraio 2000).

In altre parole, quando agiamo in un modo che ci può esporre alla condanna sociale o ripugna alla nostra “coscienza morale”, quando agiamo in quello che Baenninger chiama “comportamento predatorio”, abbiamo bisogno di un alibi, di qualcosa che ci permetta di giustificare quello che abbiamo fatto, sia agli occhi nostri che a quelli degli altri. Uso la parola “Alibi” , perché in questo modo non solo ci difendiamo dai sensi di colpa e ci auto assolviamo per i nostri comportamenti, ma accusiamo anche meccanicamente gli altri con la comoda scusa che la nostra è solo una reazione, una legittima difesa, verso qualcosa che ci hanno fatto.

Questi specifici modi di considerare gli altri, sono forti impedimenti nel tentativo di liberarsi dalla meccanicità delle nostre risposte compulsive e credo vadano attentamente valutati. Per tale motivo io ritengo che gli Alibi facciano a pieno titolo anch’essi parte del cosiddetto Sistema Illusorio, di quei comportamenti, cioè, con i quali l’ego cerca di compensare la privazione prodotta dal Dramma o Ferita Originaria, e si difende dalla piena consapevolezza, perpetuando così la sua soggezione a quello che nella filosofia indiana si chiama il mondo del Samsarà. Tenga presente il lettore che per rendere più evidenti le idee esposte, i ragionamenti saranno estremizzati, considerando, quindi, per ogni tipo, l’uso degli Alibi da parte di un individuo non particolarmente evoluto.

Il confronto teorico sul ruolo e l’importanza dell’Aggressività.

La considerazione del ruolo e dell’importanza dell’aggressività è da secoli, forse, il punto di discussione più acceso fra due distinte visioni dell’uomo e della sua personalità sia nel campo delle scienze umane (filosofia, psicologia, pedagogia), sia in quello delle scienze esatte (neurobiologia, fisiologia). Come ho già affermato nel mio articolo sugli Istinti, i Centri e i Sottotipi, io ritengo che l’aggressività inerente alla nostra espressione istintuale, non possa essere giudicata secondo un criterio di valore buono/cattivo.

Come giustamente afferma una ricerca di alcuni psicologi dell’età infantile: essa è propria di ogni essere umano e come la percezione del dolore, serve alla costruzione del senso di realtà nel bambino (Restoin ed altri in Bullettin de Psychologie,37nr.365) , così come lo è il fatto di avere due braccia o due gambe.

Pertanto è solo l’uso che l’ego non evoluto fa di questa aggressività naturale che può essere considerato come negativo o positivo. Pierre Karli l’eminente neurobiologo francese autore di un ottimo saggio dal titolo L’Homme Agressif (Odile Jacob Editions), in cui analizza in dettaglio le radici neuro biologiche dell’aggressività e le teorie psicologiche ad essa inerenti, fa presente che è estremamente difficile:“Esporre in modo lucido, obiettivo e sereno, problemi legati all’aggressività che per le loro stesse implicazioni serrano lo stomaco. Problemi a cui la gente, nella vita corrente, si accosta con abitudini di pensiero e atteggiamenti improntati ad un insieme di preconcetti e miti (Opera citata pag.4).

Per questioni di opportunità, non m’inoltrerò nel dettaglio delle specifiche “modalità di aggressione”, con le quali ogni tipo si muove, ma mi limiterò a fornire una sintetica descrizione dei diversi alibi che giustificano le stesse. Prima però reputo utile, per una migliore comprensione dei concetti esposti, chiarire brevemente le differenze esistenti fra gli Alibi e gli altri elementi del Sistema Difensivo.

L’Alibi e l’Immagine Idealizzata.

La differenza fra questi due meccanismi difensivi è piuttosto ovvia. L’Immagine dell’Ego o Idealizzazione di Sé riflette ciò che pensiamo di dover essere per avere valore e sentirci meritevoli, mentre l’Alibi ci dice chi pensiamo che gli altri siano (in negativo), e come agiscono. Un Alibi, in un certo senso, è l’ombra o il termine negativo di comparazione dell’Immagine Idealizzata. Non avrebbe alcun senso, infatti, per un tipo Tre affermare: “Sono una persona di successo” , se tutti potessero avere lo stesso successo. Quest’affermazione ha senso solo se gli altri non raggiungono gli stessi risultati e, in questo, possiamo scorgere in azione l’Alibi che suggerisce ad un tipo Tre che gli altri non sono in grado di agire come lui in un modo che possa assicurare il desiderato risultato.

Gli Alibi e gli Evitamenti

La differenza fra gli Alibi e gli Evitamenti è ancora più evidente. Gli ultimi riguardano particolari sentimenti od esperienze che inconsciamente vogliamo evitare; i primi giustificano le nostre “emozioni negative” suggerendoci che è il comportamento degli altri a spingere le nostre reazioni in una certa direzione. Possiamo così affermare col personaggio di Jessica in Chi ha Incastrato Roger Rabbit?: “Io non sono cattiva,…sono loro che mi disegnano così…………

Alibi e Meccanismi di Difesa.

La differenza, infine, fra un Meccanismo di Difesa ed un Alibi, consiste nel fatto che il primo opera automaticamente ed inconsciamente in risposta a specifiche minacce alla nostra personalità, mentre il secondo è una giustificazione conscia che utilizziamo per potere agire e nutrire sentimenti aggressivi verso gli altri. Inoltre un Meccanismo di Difesa è, in ultima analisi, un’espressione del così detto Istinto di Ritrazione, perché lo usiamo per evitare qualcosa che non ci piace, ritraendo la nostra consapevolezza dall’avere cognizione di una realtà sgradevole. Un Alibi, all’opposto, è un’espressione dell’Istinto di Espansione, poiché lo usiamo per agire ed esprimerci liberamente nella nostra vita quotidiana.

Per ciascuno di questi Alibi si troverà al principio dei paragrafi, una breve frase che spiega il punto di vista o giustificazione che ciascun tipo utilizza. Le frasi saranno concluse con un “pertanto” ed alcuni punti di sospensione. La parte mancante della frase dopo i punti indica, idealmente, la specifica modalità di aggressione che viene usata da quel tipo.

Tipo Uno: inaffidabilità. (Voi non siete in grado di controllarvi e di lavorare duro quanto occorre e perciò……..)

Il tipo Uno non si fida degli altri ed è profondamente convinto che le persone, in genere, non si impegnino a sufficienza in quello che debbono fare. Per tali motivi s’impegna in un controllo molto forte sulle azioni, i comportamenti e il modo di agire degli altri. L’alibi o giustificazione che si dà per questa sua attitudine, è che le persone sono svogliate, inaffidabili, incapaci di controllare i loro desideri e bisogni e non possono avere il suo stesso senso di responsabilità o di ordine.

La genesi di questo “retropensiero” del tipo Uno nasce dal fatto che egli sa benissimo quanto gli costi, in termini di fatica psichica e fisica, mantenere un così strenuo controllo su se stesso. Nel corso di numerosi colloqui avuti con dei tipi Uno per comprendere appieno il senso della loro Ferita Originaria, mi è stata più volte riferito di esperienze in cui al bambino Uno veniva proibito di fare quello che tutti gli altri bambini facevano.

Il piccolo Uno non poteva sporcarsi, mangiare il gelato o prendere il giocattolo che voleva e, cosa peggiore, non poteva nemmeno esprimere il suo desiderio. Il confronto con il comportamento degli altri si è indelebilmente impresso nel mondo interiore di un Uno che resta, da adulto, convinto che lui possegga un autocontrollo e un dominio su di sé, superiore alla debolezza degli altri.

E’ questa convinzione interiore che spinge il tipo Uno a criticare e a sentirsi in grado di poter dire al mondo quale è il solo modo giusto (quello suo, ovviamente), di agire o comportarsi. Se, però, un tipo Uno si convince che l’altro è totalmente inaffidabile, può alzare, come forma alternativa di aggressione, un muro di separazione e cancellare la persona sgradita, in maniera simile a quella del vicino tipo Nove.

Tipo Due: insensibilità (Voi non siete in grado di valutare o di apprezzare quello che io faccio e perciò……..)

Il tipo Due è convinto che le cose che fa non siano adeguatamente considerate e apprezzate dagli altri e, di conseguenza, tende a non dare troppa importanza alle reazioni o ai rilievi che gli sono mossi, anche se sono giusti.

Il Due assume un atteggiamento di sfida e di disprezzo vendicativo, in maniera simile a quella del tipo Uno, verso coloro che, dal suo punto di vista, non hanno la capacità di comprendere le sue motivazioni, la sua benevolenza o generosità. L’alibi che lo muove è che chi non ha la sensibilità per comprenderlo in profondità, non merita nemmeno la sua attenzione.

In questo modo, ovviamente, tende a rimuovere dalla propria percezione conscia gli aspetti di invadenza e di non rispetto per i sentimenti degli altri che assume.

Anche questo alibi, come tutti gli altri che vedremo in opera nei diversi tipi, nasce come risposta al Dramma della Ferita Originaria.

La paurosa sensazione vissuta, non importa se reale o se solo minacciata, lascia, infatti, nel bambino Due l’impressione che l’amore può essere perso in qualsiasi momento e che legarsi troppo alle persone è pericoloso, perché la troppa intimità (che continuerà, in ogni caso, ad essere cercata per tutta la vita), porta con sé il rischio di una separazione troppo dolorosa.

Il Due giustifica così la sua impulsività emozionale e la condiscendenza, talvolta eccessiva, che ha per i suoi desideri, con la presunta Insensibilità altrui e può negare ai suoi stessi occhi di essere stato lui a ferire l’altro provocandone la reazione.

Tipo Tre: incapacità (Voi non siete in grado di ottenere i miei risultati e siete solo invidiosi di quello che faccio, perciò…..)

Il tipo Tre crede che tutti coloro che non apprezzano quello che fa, non condividono i suoi progetti o si oppongono ad essi, nutrano in realtà nei suoi confronti un sentimento di profonda invidia. Più precisamente occorre dire che un Vanitoso ritiene che gli altri non siano in grado di valorizzare i propri successi o di fare molto e bene, come è sua caratteristica, e in questo modo si convince che gli altri siano degli incapaci.

Questa motivazione gli consente di perseguire i suoi scopi senza avere troppe remore o impedimenti morali, giustificando le sue azioni con l’alibi che gli altri non agiscono come fa lui, solo perché non sono in grado di ottenere i suoi risultati.

Ovviamente in questo modo l’idea che gli altri possano semplicemente essere non interessati a quello che lui fa, non condividere i suoi valori o il suo metro di giudizio, è controbattuta dall’alibi della Incapacità.

In qualche modo è come se il Tre dentro di sé dicesse: se aveste le mie capacità, fareste come faccio io, ma voi, semplicemente, non ci riuscite.

Ad un livello profondo, si può affermare che il Tre proietta sugli altri la Ferita che ha dovuto subire nella sua prima infanzia, quando l’ambiente a lui circostante non dava peso ai suoi desideri da bambino ed anzi li derideva. Come ho più volte ripetuto, questa situazione è tanto insostenibile che il bambino Tre non ha altra scelta che negare a se stesso di avere mai desiderato qualcosa di diverso da quello che gli viene proposto. Da adulto un Tre continuerà a dover dimostrare di essere efficiente ed efficace e sarà spesso un giudice molto severo degli altri che non hanno la sua capacità.

Tipo Quattro: ingiustizia (Voi non avete più meriti di me, siete solo troppo rozzi o fortunati e perciò…)

Un simpatico pulcino di nome Calimero, testimonial in un cartoon degli anni settanta in Italia di una fabbrica di saponi, terminava invariabilmente ogni suo spot con la frase: è un’ingiustizia però; se la prendono tutti con me perché sono piccolo e nero. In questa espressione è racchiusa la visione del mondo del tipo Quattro.

La percezione di una carenza dentro se stesso, rende un invidioso acutamente sensibile della sua differenza rispetto agli altri. Il paragone fra la sua mancanza e l’apparente soddisfazione degli altri lo fa soffrire ancora di più perché egli, segretamente, li considera facilmente come superficiali o anempatici. Tale differenza, pensa dentro di sé un tipo Quattro, è un’ingiustizia, perché non è dovuta a maggiori meriti o qualità dell’altro, ma solo a fortuna, rozzezza, animo superficiale od altro. In questo modo il Quattro può convincersi che quest’ingiustizia va riparata ed agire così anche con estrema aggressività verso gli altri. Questo topos psicologico del Quattro è stato profondamente esplorato nella letteratura ed ha prodotto, come suoi rappresentanti, personaggi sinistramente famosi come Jago, Uria Heep o la Cugina Bette di Balzac.

Nel sottotipo sociale la prevalente presenza del Disorientamento, rende meno facile individuare un bersaglio esteriore per la propria aggressività. Ciò perpetua quel “malessere senza nome”, o per meglio dire, quella depressione non avvertita, di cui troppo spesso i Quattro non sanno liberarsi (scrivo questo come mia personale risposta ad una cortese lettera agli editori di Ipa Pasteis-Ferreira del Giugno 2000). Anche in questo caso l’alibi è collegato al Dramma della Ferita Originaria è può essere considerato come la permanenza del grido di rivolta, troppo spesso inespresso, del bambino che soffre per l’ingiustizia di non sentirsi amato.

Tipo Cinque: indifferenza (Voi non capite realmente quello che vi dico e non mi siete di aiuto e perciò….) .

L’aggressività del Cinque è in gran parte un’aggressività di resistenza e si esprime, fondamentalmente, attraverso un non fare o un rifiutarsi di partecipare. In un dramma del teatro contemporaneo un personaggio, profondamente convinto che la comunicazione reale è impossibile, rinuncia ad esprimersi a parole e si limita a manifestare il suo essere nel mondo solo attraverso rumori meccanici.

In una scena culminante, però, quando un suo intervento sarebbe indispensabile, i suoni vengono tradotti in queste parole: suoni o parole voi non mi capireste, ed anche se mi capiste non potreste fare niente per me né io per voi.

Questo profondo scetticismo nella possibilità arricchente di una comunicazione reale è, forse, il tratto più rilevante nella visione del mondo di un Cinque e forma la giustificazione più forte del suo rinunciatario, ma nascostamente aggressivo, comportamento verso gli altri.

L’idea fondamentale è che nessuno è disposto a sacrificare per un altro qualcosa di importante, e pertanto non vale la pena di impegnarsi nelle cose. In questo modo un Cinque perpetua nella sua vita il Dramma della Ferita Originaria. Più ancora del non ricevere molto, infatti, quello che ferisce più profondamente il bambino è il prezzo che dovrà pagare per le sue richieste di aiuto.

Se un bambino piange o si dispera (come fa, ad esempio, un Quattro), c’è in lui ancora una possibilità che qualcuno possa capire i suoi segnali ed aiutarlo, ma se nessuno gli da ascolto o importanza, il bambino può solo contrarsi e rinunciare per sempre alla comunicazione ed insieme alla speranza.

Credo che nessuno abbia saputo meglio di Emily Dickinson esprimere questa posizione esistenziale con le seguenti parole:

Silenzio è il nostro più totale orrore.

C’è Redenzione in una Voce-

Ma il Silenzio è Infinità

Con la sua abituale concisione, la Dickinson comunica nell’ultimo verso la sua sottile percezione della realtà. La poetessa anziché dire, come sarebbe logico attendersi, che l’Infinità è Silenzio, suggerendo così poeticamente una visione drammatica ma ultraterrena dell’esistenza, inverte le parole ed esprime il suo mondo quotidiano, fatto di un silenzio interiore che diventa cupamente infinito.

Tipo Sei: calcolo (Voi non agite spontaneamente ma sulla base di un preciso calcolo e perciò……..)

Anche se la cosa può apparire sorprendente io credo che il Sei sia il più istintivo di tutti i tipi. Il Sei, infatti, più di chiunque altro, ha una naturale percezione del senso del pericolo, che lo porta a sentire attraverso la sensazione fisica, quale sia la forza dell’altro e quindi ad assumere un atteggiamento di attacco o di resa (le sue due Polarità) nei suoi confronti.

Questa forma di valutazione istintiva, dettata dall’istinto di conservazione, guida il comportamento di quasi tutti gli animali nei loro rapporti con i propri simili e con le altre specie. In un altro articolo ho già rilevato come quest’atteggiamento sia perfettamente naturale, e non possa essere considerato passionale fino a quando l’istinto non è condizionato dall’insicurezza derivante dal Dramma della Ferita Originaria.

Solo allora il bambino sente che è necessario proteggersi non solo da chi è più forte ma, in modo più generalizzato, da ogni cosa (perché ognuno ed ogni circostanza possono nascondere delle pericolose sorprese), e nasce la Paura intesa come passione.

Un Sei impara così a vedere il mondo come un’immensa partita di scacchi; un luogo in cui tutti si muovono solo sulla base di un preciso calcolo di convenienza, anche se questo può non essere apparentemente manifesto. Tale idea è sicuramente in parte fondata, ma il Sei la estremizza e la usa per giustificare le sue azioni come un modo per far emergere le vere motivazioni degli altri.

In altri termini un Sei pensa che se l’altro accetta un suo comportamento, non importa se apertamente aggressivo, di alleanza o di sottomissione, questo avviene perché c’è una sua specifica convenienza. La Paura si perpetua perché questa “convenienza” può cambiare in ogni momento e ciò spinge un Sei a cercare continuamente rassicurazioni. Così gran parte dell’aggressività e della competitività del Sei nascondono, in realtà, la richiesta di una garanzia che niente è cambiato nelle valutazioni dell’altro (il partner, la famiglia, il proprio gruppo di amici), nei suoi confronti e che non cambierà nulla nemmeno in futuro.

Tipo Sette: indulgenza (voi non potete sentirvi troppo feriti od offesi da quello che faccio e perciò…..) .

Per me è stato a lungo difficile capire una contraddizione che mi pareva evidente nel tipo Sette. Da un lato ero stupito di quanto i golosi potessero essere aggressivi nei confronti degli altri, senza rendersi pienamente conto delle loro azioni, dall’altro ero colpito da una forma di estrema “fiducia” verso le persone che li esponeva, talvolta, a solenni fregature.

Parlando con molti Sette era evidente che, oltre alle razionalizzazioni difensive con le quali tendevano a giustificare i propri comportamenti, c’era nelle loro parole una decisa sottovalutazione delle conseguenze di certe scelte.

La conclusione quasi inevitabile dei loro discorsi era, più o meno, la seguente: “va bene, la prossima volta sarò più attento, mi esprimerò meglio, cercherò di cambiare… ma dopotutto ho fatto quello che faceva comodo anche a loro…”. Solo quando mi sono reso conto che il Dramma del Sette è quello dell’Allegria Forzata, ho potuto capire che, dietro questo comportamento, c’era l’esperienza di un bambino abituato ad essere trattato con indulgenza per quello che faceva.

Il lato negativo di questa indulgenza è che essa era data come una compensazione per altri bisogni, e ha fatto perdere, in parte, l’esatta valutazione emozionale delle cose. Poiché siamo davanti soprattutto un’auto indulgenza, è ovvio che nell’adulto Sette sopravviva una tendenza a non volere approfondire troppo le situazioni e ad accettare facili spiegazioni, per evitare di doversi confrontare con la verità.

L’idea fondamentale di un Sette, in aperto contrasto col vicino tipo Otto, è che gli altri giustificheranno più facilmente i suoi comportamenti se evita lo scontro aperto, nascondendosi dietro ad un sorriso o un giro di parole. Così la tendenza a mentire anche a se stessi, trova la sua spiegazione nell’idea che il clima generale non deve diventare drammatico, e una promessa, anche se resterà solo una promessa, sarà sufficiente a calmare le acque. Ovviamente, se questa scappatoia non funziona, il Sette può diventare molto aggressivo e giustificare se stesso con la comoda scusa che lui aveva provato, in ogni modo, di evitare di giungere al litigio.

Tipo Otto: illegittimità (voi non avete l’autorità o il potere di farmi questo e perciò……..).

La rabbia e l’aperta aggressività sono dei tratti del tipo Otto comunemente riconosciuti, ma pochi evidenziano che il combustibile che alimenta questi processi è, in realtà, un’ansia divorante.

Indagando le origini di questa ansia mi sono reso conto che alla sua radice c’è un problema di identificazione con un’immagine mitizzata del padre. Nel mio ambiente familiare allargato l’Otto era il tipo maschile più presente e così ho ascoltato infinite volte (al tipo Otto piace molto parlare di se stesso), le loro storie personali.

Quello che più mi colpiva, più che le storie infantili di maltrattamento sempre presenti, era la differenza nella percezione delle stesse. Alcuni di loro avevano vissuto anni di duro patimento ed erano stati sottoposti a prove che un bambino non dovrebbe mai affrontare, ma ricordavano la propria infanzia come un periodo felice, mentre altri erano perfettamente consapevoli delle difficoltà che avevano vissuto.

La differenza fra i due gruppi nasceva dal diverso ruolo che avevano avuto i loro padri. I primi ricordavano il loro padre come un uomo forte e deciso, che aveva insegnato loro a non farsi mai sopraffare e ad affrontare con successo la dura lotta della vita, come diceva uno di loro. Questo padre benevolo aveva sottoposto, comunque, sia i maschi che le femmine, ad una serie di dure prove e privazioni, come quelle descritte da Gurdijeff nel capitolo dedicato a suo padre di Incontri con Uomini Meravigliosi.

I secondi avevano un padre debole o lo avevano perso per morte, abbandono della famiglia, assenza prolungata, od altro, ed erano stati sottoposti ad un’autorità, compresa la madre, che li aveva duramente vessati. Nella considerazione della figura del padre, inoltre, sembrava decisiva la percezione della sua forza operata dal bambino.

Un padre che minacciava il bambino, ma non era poi dotato di una vera forza interiore, era solo una caricatura di un’autorità legittima e veniva, prima o poi, profondamente disprezzato. In molti racconti l’atteggiamento ambivalente del padre era preso a modello della presunta più generale ingiustizia od ipocrisia delle persone.

Al contrario un padre veramente forte e coerente, anche nei suoi errori, era considerato un modello cui somigliare ed era anche l’unica persona di cui si potevano accettare le decisioni. Nell’adulto Otto queste due diverse modalità convergono nel far pensare che le azioni degli altri siano illegittime, ipocrite e dettate da secondi fini. Quest’alibi serve, ovviamente, a giustificare con estrema facilità anche i propri comportamenti, che non sono visti come espressioni di aggressività ma come una forma di rivalsa verso il mondo.

Tipo Nove: fragilità (voi non ce la fate a fare le cose o a sopportare le situazioni e perciò….).

Nella letteratura psicologica il tipo corrispondente al nostro Nove viene considerato quello che manifesta meno la propria aggressività. Per tale motivo nel DSM si parla di personalità passiva-aggressiva e Reich nella sua classificazione dei caratteri la descrisse come masochista. In realtà la considerazione che un accidioso ha degli altri è nascostamente aggressiva e si basa su una decisa sottovalutazione delle loro capacità.

L’alibi di base è molto simile a quello del tipo Uno con la differenza che il Nove non ha un modello da imporre e si limita a cercare di risolvere i problemi, perlopiù materiali o di assistenza, partendo, molto più del tipo Due, dalla considerazione che gli altri hanno sempre bisogno di aiuto e non ce la faranno da soli.

Un Nove sa benissimo quanto in termini di impegno e di fatica quest’atteggiamento costi e quanta insoddisfazione si cela dietro al suo accomodamento, ma terrà a freno la sua rabbia con l’alibi della fragilità gli altri. Come per gli altri tipi anche in questo caso questa tendenza è dovuta al dramma primario infantile.

La forza di questo Ferita, infatti, è tanto grande che il Nove continua a sentirsi da adulto, fino ad un limite quasi intollerabile per altri tipi, meno bisognevole o più fortunato rispetto alle persone cui è legato. Nonostante questo, e come può confermare chi ha avuto a che fare con i Nove, questo tipo pur non esprimendo di solito la sua aggressività in modo diretto, è capace di assumere e mantenere con aggressiva testardaggine un atteggiamento risoluto.

Normalmente questo accade quando un Nove ritiene che non vi siano soluzioni o si creano situazioni di conflitto sui principi, che per questo tipo sono sempre solidissimi. Mi sembra che queste reazioni siano un’ulteriore, indiretta, conferma della forza della Ferita Originaria. In questi casi, infatti, l’alibi non riesce ad operare perché è in deciso contrasto con la prima. La Ferita è accettata per conservare l’amore e si basa su valori etici non violabili, ma può essere derogata se questi presupposti vengono violati, come negli esempi descritti.

Considerazioni aggiuntive.

Il mio amico Jack Labanauskas il cui pensiero è sempre brillante, se non si parla di politica o di azioni, mi ha suggerito che gli Alibi possono essere considerati come un catalogo di proiezioni negative. In un certo senso è vero che gli Alibi sono immagini mentali che ci facciamo degli altri, ma la differenza fra i due meccanismi è evidente. Se io proietto inconsciamente la mia aggressività su un’altra persona, posso negare di essere io aggressivo e continuare a stare in uno stato di trance, ma se io penso che le azioni degli altri sono frutto di un calcolo, ho una splendida giustificazione conscia da usare per ogni situazione.

Un’altra amica, Marta Molinotti, insegnante di Teatroterapia ed esperta di Enneagramma, mi ha fatto rilevare che gli Alibi sono strettamente imparentati col meccanismo del Diniego descritto da Helen Palmer per il tipo Otto. In particolare perché in ambedue opera un restringimento dell’attenzione che non permette di considerare le ragioni dell’altro. Questo è sicuramente esatto, ma va rilevato che nell’Otto il Diniego è più un meccanismo per negare il dolore che non una modalità di giustificazione per il proprio comportamento.

Qualcun’altro , infine, mi ha suggerito che nella vita di tutti i giorni possono essere usati più Alibi diversi secondo le circostanze, quindi più che di un singolo alibi per tipo, si dovrebbe parlare di prevalenza nell’uso di uno di essi. Anche questo è vero perché gli Alibi sono fra di loro intercambiabili, ma così come è determinante in noi una singola Passione, pur avendo tutti qualcosa di tutte e nove, allo stesso modo un particolare Alibi domina la nostra visione dandoci uno specifico senso del mondo e degli altri.

Bibliografia.

Rank O. in “Annuary of Psychanalisys” .

Baenninger R. “Some aspects of predatory behaviour in Aggressive Behaviour” vol.4

Restoin A. and others in “Ce que peut apporter l’ethologie à la connaissance du developpment des comportments sociaux de l’enfant” in Bullettin de Psychologie, 37.

Karli P. “ L’homme aggressif”, Edition Odile Jacob.

Karli P. “The biology of aggression” ediz. Sijthoff and Noordhoof

Palmer H. “L’Enneagramma” ediz. italiana Astrolabio Editore

Gurdijeff G.I. Incontri con Uomini Straordinari ediz.italiana Adelphi Editore.

Freud S. “Oltre il Principio del Piacere” ediz.italiana Newton Compton.

AA.VV. in Enneagram Monthly.

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