Evagrio Pontico il geniale anacoreta che per primo descrisse in dettaglio le caratteristiche delle passioni, scriveva a proposito dell’Inganno o Vanagloria con grande acume psicologico: “E’ difficile sfuggire alla vanagloria; infatti, ciò che avrai fatto per purificartene diventerà per te un inizio di nuova vanagloria”. Nelle parole di Evagrio possiamo trovare il senso più profondo dell’Inganno. Questa passione non consiste, infatti, in un piacere nel dire bugie agli altri (anche se il Vanaglorioso ci riesce perfettamente), ma piuttosto nel dirle a se stessi, cercando di accrescere il senso della propria esistenza e del proprio valore mediante un corrispondente accrescimento della propria immagine. La capacità di fare molto e bene, di ottenere risultati a qualsiasi costo, di corrispondere esattamente ad un a qualunque immagine di ruolo o di genere sessuale richiesta dalla società, è ciò che distingue questa passione da quella dell’Orgoglio che abbiamo già esaminato. L’incapacità di avere un chiaro senso di sé e di comprendere i sentimenti in profondità, è, invece, la motivazione profonda che sta alla radice di questa passione. Un famoso proverbio persiano afferma che un pavone senza penne non è altro che un grosso tacchino e il Vanitoso è qualcuno che ha imparato molto presto nella sua vita questa lezione, qualcuno che sente dentro di sé di non avere valore se non brilla e non è un vincente. In ossequio a questo credo il tipo Tre lavora molto duramente (in inglese si usa per questa caratteristica la parola workaholic che indica una specie di dipendenza psicologica dal lavoro), tende sempre a vendere un’immagine di sé curata fin nei minimi dettagli, ad avere cura del proprio aspetto fino quasi a diventare cosmetico dipendente, ad essere un fanatico del fitness e un cultore del giusto “timing”. Il Tre vede il mondo come un luogo in cui non è solo necessario competere ma è anche indispensabile vincere; per tale motivo riesce ad identificarsi con il ruolo che occupa e a cambiare, come un camaleonte, la propria immagine. A differenza del tipo Uno che è mosso da un’ansia di far bene, il tipo Tre è mosso da uno stimolo imperioso a fare quello che può arrecare un vantaggio a se (o ai propri cari), e si convince completamente che il suo modo è l’unico giusto. La voglia di realizzare i propri progetti è tanto forte che il Tre si caratterizza come un formidabile organizzatore, motivatore e venditore di se stesso. Le obiezioni e le perplessità non sono mai accettate di buon grado e i Tre li considerano solo come una forma di invidia da parte dei perdenti. Questo conduce spesso i Vanitosi ad avere difficoltà relazionali con le altre persone che si sentono poco coinvolte, se non addirittura usate come semplici strumenti, nei progetti che il Tre porta avanti con tenacia. Se questa situazione coinvolge persone che sono loro profondamente care, i Tre reagiscono con una rabbia ed un senso di doloroso stupore, simili a quello che può provare un Due, che li può anche condurre al distacco emotivo più totale per evitare che turbative sentimentali possano interferire con la loro capacità di fare. In termini più generali le relazioni intime possono costituire un vero problema per le persone di questo tipo. Poiché i Tre spesso non riescono a capire l’emozione profonda del partner né quella propria, tendono ad interpretare l’immagine del compagno perfetto, sapendo però di stare soltanto recitando un ruolo. Questa difficoltà di essere a contatto reale con l’emotività profonda, che costituisce dal punto di vista ontologico la fonte più certa del senso dell’essere, può avere delle conseguenze devastanti sulla vita di un Tre. Negli USA, in cui questo tipo costituisce nell’attuale fase storica la personalità modale, gli psichiatri si sono più volte dovuti confrontare con i casi drammatici di persone che, dopo aver combattuto duramente per affermare se stessi e aver raggiunto un elevato livello sociale, cadevano preda di violente depressioni che spesso sfociavano nel suicidio. Le persone vittime di questa patologia, denominata significativamente sindrome dello yuppie, riferivano concordemente di provare una spaventosa sensazione d’alienazione e di vuoto esistenziale, che trasformava, d’improvviso, il mondo in un luogo estraneo e privo di qualunque significato, in cui tutto era inutile.
La grande abilità camaleontica rende il Vanitoso il tipo più adatto a recitare ruoli. Non è quindi sorprendente se tra i personaggi famosi troviamo una lunga serie d’attori di successo quali Lawrence Olivier, Sharon Stone, Tom Cruise, Richard Gere, o di cantanti che si sono trovate a proprio agio nel recitare parti cinematografiche come Frank Sinatra. La capacità del Tre di essere un abilissimo comunicatore e di usare il proprio corpo come uno strumento per ottenere successi che vanno aldilà del campo artistico è, invece, evidente sia in personaggi come Arnold Schwarzenegger e Silvester Stallone che sono riusciti a diventare capitani di industria vendendo una precisa immagine di sé, che in Ronald Reagan la cui ascesa da attore di secondo piano a Presidente degli Stati Uniti è la più formidabile parabola della spinta motivazionale della Vanità. La grande abilità camaleontica di questo tipo è, invece, mirabilmente espressa dall’attrice Jane Fonda. Nata in un ambiente d’attori di decisa tendenza politica radical (è, infatti, figlia di Henry Fonda e sorella di Peter Fonda, ambedue attori molto impegnati nel sociale), si era adeguata pienamente ai valori familiari vendendo in gioventù un’immagine di pacifista fieramente nemica del sistema capitalistico americano e dell’intervento militare in Vietnam, fino al punto di dare al suo primo figlio il nome di Ho Chi Min e di pronunciare un pubblico anatema contro i soldati che partivano per la guerra. Quando, però, alla fine degli anni sessanta si sposò con il regista Roger Vadim, la Fonda mutò completamente la sua immagine e, adeguandosi completamente al ruolo che il marito le aveva disegnato addosso, assunse i panni, nella vita come sul set, della perfetta bambola sexy, stupenda nell’apparenza quanto vuota nella sostanza come una bolla di sapone, interpretando la parte di Barbarella nell’omonimo film tratto da un famoso fumetto francese. I cambiamenti della vita, fra i quali il fallimento del matrimonio, la spinsero però presto a cercare una via alternativa attraverso la quale potere affermare il suo valore. Divenne, così, uno dei guru del fitness e contribuì in modo decisivo all’affermazione mondiale dell’aerobica come strumento per ottenere e mantenere un’immagine esteriore di bellezza (non il semplice stare bene e in forma, ma un mezzo per affermare la propria visibilità). La Fonda aggiunse così un ulteriore tassello al quadro di successo che stava costruendo e si preparò alla successiva ulteriore metamorfosi, che avvenne quando diventò la compagna di Ted Turner, il fondatore della CNN, la prima televisione commerciale a diffusione planetaria. Giunta nel ruolo di una vera e propria first lady facente parte integrale dell’establishment sociale, la Fonda cominciò a chiedere incessantemente perdono, senza peraltro mai ottenerlo del tutto, ai veterani della guerra del Vietnam, per i giudizi espressi al tempo della sua giovinezza. I più maliziosi fra i commentatori televisivi americani hanno affermato che dietro questa sua conversione, ci fosse, nonostante le molte lacrime sparse pubblicamente, il desiderio di non nuocere alle ambizioni politiche del marito. Quest’unione di politica, spettacolo ed affari non è per niente infrequente nel tipo Tre. Più tipicamente politici sono, invece, altri celebri personaggi come l’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, il plenipotenziario francese Talleyrand ed alcuni fra i più grandi imperatori romani, come Ottaviano Augusto e Adriano (sia quello reale, sia quello dello splendido Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar). La spregiudicata abilità nel cambiare alleanze, nell’anteporre il successo personale ai sentimenti e nel sapere trarre il massimo dalle proprie capacità propagandistiche, è ancor più evidente nel caso di Giulio Cesare, la cui celebre frase veni, vidi, vici, con la quale commentò il suo per niente facile successo in Gallia, riassume in modo mirabile la sicurezza del Tre nelle sue abilità. L’orientamento ad un misurabile e tangibile successo, rende difficile trovare fra i Vanitosi personaggi interessati alle sofisticazioni artistiche in senso universale. Non è, quindi, sorprendente che fra gli artisti del tipo Tre troviamo persone che vedano l’arte come un mezzo per apparire, per emergere nella società, offrendo quello che la cultura dominante del proprio ambiente richiede, piuttosto che qualcuno che s’interessa all’assoluto. Esempi in questo senso sono scrittori come Giambattista Marino e Oscar Wilde (che aveva però una forte parte Due), le cui storie personali si assomigliano in modo impressionante e che condividevano una visione sfrenatamente narcisistica dell’arte. Il primo, ritenuto nel suo secolo un autore più importante dello stesso Omero, è conosciuto fondamentalmente solo per un’opera, l’Adone, in cui esalta il culto della bellezza estetica con elaborate metafore il cui maggior pregio è di soddisfare il gusto delle corti seicentesche per il paradosso. Il secondo, che aveva anche una fortissima vicinanza col tipo Due, incarnava il prototipo del dandy superficiale e raffinato che vede nella bellezza dell’immagine esteriore il fine ultimo dell’esistenza. Il celeberrimo Ritratto di Dorian Gray è l’opera in cui si dispiega in modo più completo la visione dell’arte di Wilde. La frase che nella prefazione apre il romanzo, molto simile alla frase più nota del Marino (è dell’artista il fin, la meraviglia), è anche quella che esemplifica in modo perfetto la concezione dell’autore: l’artista è il creatore di cose belle. Il lettore appena a contatto con i suoi sentimenti non può fare a meno di chiedersi: è la profondità? Dorian Gray è forse il personaggio artistico in cui è più evidente il senso dell’Inganno nella percezione dei sentimenti. In un passo cruciale del romanzo, Dorian, nel corso di un colloquio avuto con la sua fidanzata Sybil dopo il fiasco clamoroso dell’opera teatrale che lei interpretava, è messo a confronto con la propria incapacità di percepire come i sentimenti profondi possano far apparire ogni altra cosa totalmente priva d’interesse. La rivelazione è talmente devastante che Dorian perde immediatamente il suo interesse verso quella donna. Trascrivo di seguito i passaggi in questione per lasciare le parole ai protagonisti stessi.
“Lo guardò mentre entrava, e sul volto si dipinse una gioia infinita. – Come ho recitato male stasera, Dorian! – gridò.
– Orribilmente! – rispose lui, fissandola stupefatto. – Orribilmente! È stata una cosa tremenda. Ti senti male? Non hai idea di che cosa era; non hai idea di quel che ho sofferto.
La fanciulla sorrise. – Dorian – rispose,…avresti dovuto capire. Ma ora capisci, non è vero?
– Capire che cosa? – chiese lui furibondo.
– Perché stasera sono stata così scadente; perché sarò sempre scadente; perché non sarò mai più capace di recitare bene.
Egli scrollò le spalle. – Credo che tu non ti senta bene. Quando non stai bene non dovresti recitare; ti rendi ridicola. I miei amici erano seccati; io ero seccato.
Parve che lei non lo udisse. La gioia la trasfigurava; era in preda ad un’estasi di felicità.
– Dorian, Dorian – gridò, – prima che ti conoscessi il teatro era l’unica realtà della mia vita. Vivevo soltanto al teatro; pensavo che tutto fosse vero. (…) Non conoscevo che ombre e le credevo realtà. Tu sei venuto, caro amore mio, e hai liberato dal carcere l’anima mia. Mi hai insegnato che cosa sia la realtà. Stasera, per la prima volta in vita mia, ho scoperto tutta la superficialità, la falsità, la stupidità del vuoto spettacolo al quale avevo sempre preso parte. (…) Tu mi avevi recato qualcosa di più alto, qualcosa di cui tutta l’arte non è che un riflesso; tu mi avevi fatto capire che cosa sia veramente l’amore. (…) Potevo simulare una passione che non provavo, ma non posso simulare una passione che mi brucia come il fuoco. Oh, Dorian, capisci che cosa significa?
Egli si lasciò cadere sul sofà, voltando il viso da un’altra parte. – Hai ucciso il mio amore – disse lui con voce sorda.(…)
Un accesso di singulti appassionati la soffocò. Si raggomitolava per terra come una creatura ferita e Dorian Gray la guardava dall’alto coi suoi begli occhi e le sue labbra finemente disegnate si atteggiavano a un supremo disprezzo. Le emozioni di coloro che non amiamo più hanno sempre qualche cosa di ridicolo. Sybil Vane gli appariva scioccamente melodrammatica; le sue lacrime e i suoi singhiozzi gli urtavano i nervi.
Greta Scacchi in Presunto Innocente offre un altro esempio magistrale della modalità esistente nei Tre meno evoluti, di utilizzare gli altri come strumenti per la realizzazione dei propri propositi, mentre Rossella O’Hara, la protagonista di Via col Vento, ci mostra l’indomabile spirito che consente alle persone di questo tipo di credere sempre e comunque che c’è una via di uscita anche nelle situazioni più drammatiche e disperate.