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Accettazione e rinuncia

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Questo argomento contiene 10 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da  Sirenella 13 anni, 5 mesi fa.

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  • #593 Risposta

    Ex

    Qual’e’ il preciso confine che discrimina la capacità di accettare la realtà così com’è e la rinuncia, la rassegnazione, la disillusione? A livello razionale la risposta sembra logica e limpida, ma nella realtà del quotidiano a me sembra più difficile e complessa. Quanta consapevolezza abbiamo nel constatare che certe realtà sono immutabili e che bisogna accoglierle totalmente come sono e quanto tutto ciò rischia di diventare un alibi, una forma di rinuncia alla lotta, un’espressione dell’incapacità di mutare le situazioni, e di mettere in movimento percorsi alternativi? Questo ha a che fare e con i limiti delle situazioni che viviamo e con i nostri limiti personali. Fino a che punto la sfida si deve attivare? E quando accettare può divenire una coperta per non affrontare? E per converso quanto lottare a tutti i costi è negazione di un’insoddisfazione più intima che comunque accompagna sempre l’essere umano? Quando attiviamo la trappola? Quando crediamo di sconfiggere le circostanze dandoci da fare o quando rinunciamo all’azione perchè sconfitti in partenza nella nostra esigenza di assoluto? Credo ci siano persone con un alto potere visionario che trasformano realtà che sembrano invincibili ed altre che forse, per smania di assoluto e di perfezione, rinunciano ai cambiamenti anche minimi, convinti che non toccano mai la sostanza? Per il nostro benessere psichico, dove troviamo la giusta misura dell’impegno? Certo un campanello d’allarme si attiva quando si percepisce dietro al manto dell”accettare’ una sensazione che ricorda la rabbia, l’amarezza e la delusione. Ma dopo aver pulito l’anima da tali emozioni, lasciandola fluire rimane pur sempre un gran vuoto dove il ‘ fare’ non riesce sempre a trovare un senso nel nostro voler ‘essere’. Immagino che il mio messaggio sia enneagrammaticamente firmato. Ma forse ogni enneatipo, troverà la sua risposta funzionale e probabilmente anche la sua forma di inganno. Ma il metro su cui giudicare questa cosa qual’è? Il benessere personale, il senso di agio di fronte agli eventi, l’autostima che se ne ricava sapendoli affrontare, oppure c’è qualcosa di più profondo? A volte mi sembra che qualsiasi cosa noi facciamo non risponderà mai alla fame di verità che sentiamo e che con questa costatazione è meglio rassegnarsi a giorni vuoti di significato. Questa posizione che può essere l’anticamera della depressione può anche diventare ‘forte’ lasciando che si crei una conca vuota dentro di noi dove in definitiva tutto può entrare e assumere significato proprio perchè abbiamo coscienza che nulla riveste un ‘vero’ senso?

    #4333 Risposta

    Marina Pierini

    Effettivamente, il tuo messaggio e’ come dici tu…enneagrammaticamente firmato. Credo che pochi enneatipi infatti (in verita’ solo uno, in questa modalita’) possano percepire il senso di frustrazione verso obiettivi o sfide che sembrano sempre irraggiungibili, l’ostinazione, l’insoddisfazione, la disillusione. Sono percezioni tipiche di un certo tipo, ma non si puo’ escludere che possano colorare stati d’animo di molti altri, in alcuni momenti. Non so perche’ il tuo messaggio risulta scritto in maniera sporca, nel senso che, alcune vocali maiuscole sostituiscono alcune lettere e si fa difficolta’ a capire cosa scrivi a volte. Spero tu possa risolvere questo piccolo problema tecnico perche’ risulta un po’ ostico rimanere attaccati al senso del messaggio, se si deve interpretare il senso della parola poco chiara, ed e’ un peccato che i tuoi sforzi siano resi talvolta inefficaci. Comunque, provo a risponderti. Quando fermarsi? Quando andare avanti? Cosa e’ veramente importante e cosa e’ alibi o illusione? Qual’e’ il limite tra l’accettare la realta’ o andare avanti? Sono domande molto belle, forse ce ne sono altre che possono completare le tue riflessioni e invitarti a porti nuove domande. Forse. Nel vangelo c’e’ scritto che Gesu’ alla domanda su cosa sia la verita’, risponde: coloro che sono della verita’, riconoscono la verita’. Come mai, ti chiedo, la cerchi tanto e non la trovi? Sei sicuro utente, di avere in te la capacita’ ancora lucida di riconoscere la verita’? O forse il tenace cercare, ti rende confuso come una persona perduta nel deserto, che non sa piu’ riconoscere la verita’ fra un miraggio e la realta’, e preferisce rimanere seduto sulla sabbia a morire dolcemente, invocandola? Parli di amarezza e delusione. Ci sono persone che vivono nella paura, che respirano bombe e morte tutti i giorni, c’e’ la disperazione per loro, c’e’ la certezza di un mondo che non cambia, della violenza, della distruzione, eppure ogni giorno si alzano e sperano e camminano e si cercano e si amano. Cosa li muove? Cosa li spinge a non languire? Cosa spinge un malato a lottare, e un sano ad arrendersi? Contro cosa lottiamo e a cosa ci arrendiamo?Io credo che si possa riuscire a guardarsi dal di fuori, in maniera obiettiva, senza giudicarsi, e credo che sia sano raffrontarsi ad altri, ad altre realta’ e ad altre verita’. Non per sentirci in colpa, questo e’ inutile, ma perche’ il raffronto con gli altri a volte ci rispecchia i nostri punti oscuri. Credo che sia sano accettare i propri limiti ma anche mettere a nudo impietosamente le nostre richieste insistenti, le nostre aspettative che caricano la schiena altrui, il nostro volere che sia lui, lei o loro a dirci cosa fare, ad amarci, a dirci la verita’, a dirci cosa ci facciamo qui e dove dobbiamo andare. Anche quando lei…si chiama verita’…e’ sempre da qualcun altro che vogliamo le risposte. Nessuno puo’ assumersi questo onere. Il cammino e’ nostro e in questo siamo soli. Ma non c’e’ disillusione amara, in questa solitudine. C’e’ la consapevolezza di chi sa, che non possono essere gli altri a darci qualcosa ed e’ capace di accettarlo. Quando il nostro impegno ci disillude, perche’ lo fa? Per cosa ci impegnavamo? Cosa chiedevamo in cambio? A chi? Quando abbiamo deciso di insistere, perche’ lo abbiamo fatto? Cosa ci aspettavamo? Da chi? Cosa vogliamo colmare? Quanto c’e’ ancora dentro noi, il bambino che gioca il gioco della frustrazione, dell’obiettivo impossibile, della delusione…solo per poter dire ecco, vedi? Assumersi le proprie responsabilita’ con consapevolezza e’ necessario e possibile. Conoscersi impietosamente, e’ possibile. La conoscenza ci puo’ rendere consapevoli, edotti, risvegliati, puo’ riuscire ad aiutarci a contattare gli abissi della nostra coscienza e quindi puo’ aiutarci a trovare finalmente il filo di una verita’ che se non siamo svegli su noi stessi, e lucidi, non possiamo riconoscere. Se tutto sembra miraggio, a chi chiediamo risposte? Se noi siamo il miraggio di noi stessi, quali domande saremo capaci di farci? A quali risposte evanescenti ci aggrapperemo? La rinuncia e’ sana se l’obiettivo e’ insano. L’accettazione e’ sana se l’opposione e’ insana. Tu dici che abbiamo coscienza che nulla riveste un vero senso….ma cosa ti da’ la certezza che questo non sia un altro miraggio? Forse, la verita’ si trova sulla strada dell’onesta’. Non parlo dell’onesta’ come “sincerita’”, come valore assunto, come obiettivo etico di superficie, ma come pilastro su cui fondare il nostro muoverci, che affonda nelle nostre viscere anche “contro” noi stessi. Senza seria onesta’ non c’e’ il senso della verita’, secondo me. La verita’ ci porta a guardarci cosi’ come siamo, piccoli, prepotenti, infantili, limitati, incapaci. Quando arriva il perdono per noi stessi forse arriva il perdono per gli altri e quindi non vi e’ piu’ disillusione perche’ non vi e’ piu’ illusione. La realta’, il contatto reale col mondo, con noi stessi, con gli altri, la giusta percezione dei colori, delle forme, dei potenziali non crea piu’ illusioni. Forse poi, crea i sogni. I sogni che non sono, a mio avviso, miraggi, non ci conducono verso realta’ impossibili perche’ essi non appartengono al mondo reale e noi lo sappiamo distinguere bene. Ci spingono a tingere un mondo reale con i colori onirici e irresistibili di magie che elevano il nostro spirito ma non ci spingono verso il baratro della delusione. Noi sappiamo distinguere cosa e’ sogno e cosa e’ realta’. Non siamo in grado di distinguere l’illusione, invece, dalla realta’… e siamo destinati a piombare negli abissi della disillusione appena cerchiamo di rendere reale il miraggio di una illusione. A tutti e’ concesso sognare, a tutti sperare, illudersi, accanirsi in vane ricerche, viaggiare ai confini del mondo perche’ incapaci di guardarsi veramente, onestamente…cercare a mille miglia quello che solo dentro noi possiamo trovare, a che serve? A che serve dire che il mondo ci abbandona, ci disillude, ci tradisce, se noi abbiamo gia’ compiuto tutto questo contro noi stessi? Forse non e’ il “fare” forsennato che ci risolve. Forse prima di fare, dobbiamo imparare a capire chi siamo veramente, cosa vogliamo veramente non solo da noi stessi, anzi quello forse ci riempie fin troppo la mente, ottenebrandola e fornendoci alibi impossibili, piuttosto forse dobbiamo onestamente chiederci cosa vogliamo dagli altri, perche’ lo vogliamo e cosa possiamo fare per smettere di chiedere. Girare lo spettro di questo caleidoscopio in cui la confusione e’ la nostra realta’, e arrivare a distinguere una immagine compatta e vera, non disgregata, non distolta. Puntare onestamente lo sguardo su quello che vogliamo, su quanto sia sano o giusto quello che chiediamo, su cosa dobbiamo abbandonare e su cosa sia piu’ giusto fermarci o continuare. Tutti vogliamo salvarci dalla morte, vogliamo sentirci amati totalmente e vogliamo amare. C’e’ solo una cosa fra queste tre che noi possiamo realizzare con il nostro agire. Ognuno deve riuscire a comprendere cosa, prima che come. Forse, questo e’ il primo passo, per riuscire ad ascoltare il richiamo di un Dio al quale e’ dato compiere cio’ che noi non possiamo. Ma qui mi fermo, perche’ credo che sia un discorso che puo’ risultare scivoloso in questo momento. Le tue domande sono terrene e col terreno ti ho risposto, offrendoti uno squarcio di quella che e’ la mia visione delle cose. Spero ti serva a qualcosa. A presto.

    #4334 Risposta

    Utente Ospite/Lo sveglio

    l’importante è rendersi conto del miraggio di cui parla sirenella. quello è il primo passo. Tutto è miraggio………e dire che tutto è miraggio equivale essenzialmente a dire che il miraggio siamo noi stessi. Tutto ciò che ci accade, tutto ciò che ci circonda viene visto con occhi velati e ognuno ha il suo velo; c’è chi ce l’ha più spesso, chi ce l’ha verde, chi rosso, chi di lana, chi di organza….ma il punto è che ci siamo tanto abituati al velo che non lo vediamo più e che quello che c’è al di là del velo ha un valore più o meno diverso per ognuno di noi ma il punto è che l’oggettività, la verità relativa a quello che ci circonda, a quelloo che vediamo e a quello che siamo, in questo stato dell’arte, rimmarrà sempre velata, sempre un miraggio. E allora come si può parlare di “verità” in questo stato? La nostra verità sarà sempre una verità soggettiva. Rendersi conto di questo, per me, è stato inizialmente tremendo e l’enneagramma, associato anche ad altre cose, è un ottimo strumento per rendersi conto di questa prima fondamentale verità ( ecco forse questa è la prima verità che mi sento di giudicare “vera” e non “miraggio”, ma il dubbio che il velo che ho avanti agli occhi corrompa quello che vedo ce l’ho sempre). Il primo passo è rendersi conto del velo e ricordarsi costantemente che il velo agisce in ogni momento. Basta distrarsi un attimo per non vedere più il velo. E la distrazione e la disattenzione sono la norma. Io mi distraggo tantissimo, per non dire che sono perennemente distratto. Avete mai provato a mettervi una calza in testa e quindi davanti agli occhi?? se la tieni per un po’ l’occhio si abitua e ci si dimentica totalmente della calza. Non sono un rapinatore di banche tranquilli!!!! lo stesso mi accade con gli occhiali da sole…spesso alle 19.00 mi rendo conto che è troppo buio e solo allora, ricordandomene, li tolgo. Noi facciamo domande e a volte pretendiamo risposte ma………il velo non ci permette di capire che forse le domande sono generate dalla visione distorta delle cose e che le eventuali risposte “vere”, le pillole di “verità” che potrebbero esserci regalate da qualcuno (non si sa chi), magari non saremmo in grado di farle nostre, sempre a causa del velo……e allora la via d’uscita da questo matrix qual’è. Per primo rendersi conto che ci si è immersi fino al collo….già è un passo enorme. E poi?…….e poi non lo so, non ne ho la più pallida idea. Sono però certo di una cosa cara Sirenella da autodidatti non si va da nessuna parte. Come hai detto tu nel vangelo c’e’ scritto che Gesu’ alla domanda su cosa sia la verita’, risponde: coloro che sono della verita’, riconoscono la verita’……. e io aggiungerei che solo chi è nella verità può indicare un “occhio velato” la strada verso la verità; senza non si va da nessuna parte.

    #4335 Risposta

    Marina Pierini

    Concordo con tutto quanto scrivi Mau e mi piace leggere la tua esperienza. Io aggiungerei che la domanda, a questo punto e’ una sola…anche se c’e’ un velo, anche se ci sono mille veli, mille ostacoli e cose che non vediamo e che crediamo miraggi, puo’ questo bastare a fermarci? O dentro noi c’e’ quel qualcosa…di indefinibile…che ci spinge a dire no, io vado avanti, io vado a vedere cosa c’e’ dietro quell’angolo, vado ad ascoltare quelle parole, vado a capire quanto mi suonano dentro e quante immagini di me si riflettono sui volti che ho attorno. Vado a scoprire che faccia ho, sui visi di altri e dentro di me. Insomma il fatto che sia difficile non lo rende non possibile. Bisogna pur cominciare, ecco che il fare ha un senso diverso dal tenersi occupati o distratti. Chissa’ poi il mare dove ci porta….Baci/Sirenella.

    #4336 Risposta

    Utente Ospite

    I legami fra una persona e noi esistono solamente nel pensiero. La memoria, nell’affievolirsi, li allenta; e, nonostante l’illusione di cui vorremmo essere le vittime, e con la quale, per amore, per amicizia, per cortesia, per rispetto umano, per dovere, inganniamo gli altri, noi viviamo soli. L’uomo è l’essere che non può uscire da sé, che non conosce gli altri se non in se medesimo, e che, se dice il contrario, mentisce.
    (M. Proust, Alla ricerca del tempo perduto)

    #4337 Risposta

    Utente Ospite

    I legami fra una persona e noi esistono solamente nel pensiero. La memoria, nell’affievolirsi, li allenta; e, nonostante l’illusione di cui vorremmo essere le vittime, e con la quale, per amore, per amicizia, per cortesia, per rispetto umano, per dovere, inganniamo gli altri, noi viviamo soli. L’uomo è l’essere che non può uscire da sé, che non conosce gli altri se non in se medesimo, e che, se dice il contrario, mentisce. (M. Proust, Alla ricerca del tempo perduto)

    #4338 Risposta

    Sirenella

    Utente ospite, scusa una curiosita’ ma… parli solo con poesie e parole altrui o hai anche qualche pensiero esclusivamente tuo?

    #4339 Risposta

    Utente Ospite

    Raramente mi capita ….molto raramente…

    #4340 Risposta

    Utente Ospite/Lo sveglio

    Sono pienamente d’accordo con te sirenella. Ho un dubbio atroce però. Per spiegarmi ti faccio un esempio che secondo me calza. Attualmente capita molto raramente ma un tempo sognavo spesso di volare. Dei risvolti psicologici non me ne importa…l’esempio serve solo per chiarire il mio dubbio. Tornando a noi, funziona così: sono a terra, in piedi e spiccando un salto rimango a mezz’aria. Inizialmente è difficilissimo rimanere in volo, ci vuole uno sforzo ed una concentrazione notevoli, veramente una fatica. A volte ricadi in terra e devi continuare a provare sforzandoti maledettamente…poi accade….riesci a rimanere sospeso da terra e anche qui lo sforzo, la concentrazione sono veramente esagerati. Dopo un po’ questa fase passa e accade che riesci a controllare il tuo volo e puoi andare dove vuoi senza sforzo. Ti senti, non un uccello, di più, perchè l’uccello deve sforzarsi per volare tu no…voli senza il minimo sforzo. La sensazione è bellissima ed è per questo che quando il sogno inizia ti sforzi tantissimo per raggiungere quello stato. Quando riesci a volare ti senti la persona più felice del mondo e quella conquista (attenzione, attenzione) la vivo come una “conquista che mi accompagnerà per tutta la vita” e il pensiero che viene è ” finalmente ce l’ho fatta, riesco a volare e questa capacità non mi sfuggirà mai più”. Il problema subentra quando ti svegli……..ti rendi conto che non è reale, che era un sogno, un “miraggio”, e ci rimani malissiimooooo!!!!! Finito l’esempio. Adesso ti faccio il parallelo col mio dubbio. Tu dici sforzarsi cercare, cercare non arrendersi, andare avanti……io sono dispostissimo e parallelamente al tram tram di ogni giorno cerco di non perdere di vista questi obiettivi. Ma come fai ad essere certo che quello che stai facendo per toglierti il velo dagli occhi in realtà non è anch’esso un miraggio? Come fai a sapere che quello che hai l’impressione di aver conquistato in realta non era solo un sogno. Capito che intendo? Io spesso ho l’impressione di aver conquistato qualcosa ma chi mi dice che quell’impressione non è il frutto della solita distrorsione della realtà in cui siamo immersi e da cui non riusciamo a distaccarci e che nel sogno mi fa credere di poter volare??? Nel mio sogno sul volo, all’alba ti svegli e sai se è vero o falso. Quì la sveglia suonerà? Comunque, ripeto, sono pienamente d’accordo con te su concetto di essere tenaci e non mollare. In questo momento stiamo facendo questo cammino e, rispetto al “tenersi occupati o distratti” sicuramente sto facendo un qualcosa che, come minimo, mi arricchisce tantissimo e mi fa vedere con più chiarezza quello che mi circonda e quello che sono…..quello che verrà non si sa…Ciao sirenella

    #4341 Risposta

    Sirenella

    Tu dici: “Quì la sveglia suonerà? Comunque, ripeto, sono pienamente d’accordo con te su concetto di essere tenaci e non mollare.” …..Attenzione Mau 🙂 per noi 4 la tenacia e’ un DIFETTO non una virtu’!!! Sopratutto quando e’ intesa come ostinazione cieca nel voler raggiungere un obiettivo, senza averne la piena consapevolezza, perdendoci tutto il panorama attorno a noi, che c’e’!! che modifica a volte il senso sia del percorso che dell’obiettivo!! 🙂 No, io non dico che bisogna essere tenaci ma che bisogna provarci. Fermandoci ogni tanto, fare il punto della situazione, allenandoci sempre piu’ ad osservarci “da fuori” senza giudicarci e ascoltando i giudizi degli altri sul nostro conto,(perche’ i giudizi ci sono, sono umani, siamo umani e vivaddio non sara’ la fine del mondo!!) perche’ e’ necessario guardarsi allo specchio, perche’ anche se a volte quello che sembriamo agli altri non corrisponde a quello che sentiamo di essere, abbiamo la responsabilita’ di guardare e capire in che maniera gli altri ci percepiscono. A volte fa proprio male! Consapevolezza, conoscenza che porta ad una responsabilita’ piu’ mirata e lucida. Perche’ forse dire “io sono cosi’ che ci posso fare” puo’ diventare un alibi molto forte, che ci tiene tenacemente e orgogliosamente attaccati ai nostri limiti. Cosi’ come, forse, dire “piu’ di cosi’ pero’, ora, io non posso fare” significa comprendere in maniera piu’ ampia il senso delle nostre scelte, quando ne rispondiamo noi e quando ne rispondono gli altri. Significa proprio “scegliere” nel senso piu’ centrato del termine. Ossia, ad esempio, so come ti appaio, so cosa provo io, cerco di capire cosa sei tu, cosa provi tu e se pagherai conseguenze a causa del mio agire voglio assicurarmi di sapere bene dove sto andando e cosa sto facendo e cosa non possiamo darci a vicenda. Tu puoi capirmi oppure no, possiamo fraintenderci oppure no, ma so che ho un obiettivo, so qual’e’, lo vedo lucidamente e intendo raggiungerlo. E’ una colpa avere degli obiettivi? E’ una colpa capire che si sente onestamente il desiderio di cambiare? E’ una colpa desiderare di crescere, migliorare, avvicinarsi alla natura profonda dei nostri talenti, della nostra armonia per arricchire noi stessi e gli altri? Io credo di no, ma credo che sia una colpa agire senza aver prima fatto chiarezza dentro noi e poi con chi ci e’ vicino. L’ambiguita’, l’incertezza, l’ignoranza fanno danni molto peggiori delle scelte consapevoli, secondo me. Cerchiamo di non ferire, proviamo a non dimenticare quelli che sono i valori con i quali ciascuno di noi sceglie di esistere in mezzo agli altri, ammettendo che se mio malgrado ti faccio del male, meglio di cosi’ o diversamente da cosi’ non posso fare per ora. C’e’ una consapevolezza piu’ ampia su se’ stessi e sugli altri, non ti sembra? Non si puo’ impedire a chi ci e’ vicino di soffrire quando noi facciamo scelte importanti per noi stessi. A volte nostro malgrado, succede. A volte la vita e’ cosi’. A volte restare fermi crea piu’ dolore che mettersi in cammino, anche se il cammino ci separa e il separarsi costa rinunce, compromessi o solo dolore a chi ci e’ accanto e a noi. Noi possiamo e dobbiamo assumerci la responsabilita’ di averci pensato a lungo, di aver lucidamente valutato tutti i perche’ e percome, di aver guardato dentro di noi NON con cieca ostinazione, ma col desiderio di contattare sinceramente con ONESTA’ la nostra coscienza, quello che ci rende infelici, quella parte dolente che ci parla e ci invita al cambiamento, tanto quanto dobbiamo saper ascoltare e riconoscere quella parte di noi che ci blocca, che ci tiene fermi sulle posizioni di sempre, facendo soffrire apparentemente o realmente meno chi ci e’ vicino, ma che ci procura un dolore sordo, lento, inesorabile non piu’ tollerabile. Chi e’ sereno, non si mette alla ricerca, non parte, non va in nessun luogo, perche’ ha gia’ dentro quello che gli occorre. Chi crede di essere sereno, invece, puo’ scegliere…se rimanere fermo in uno stato di sofferenza altalenante, senza rischiare di soffrire di piu’ ma anche di soffrire di meno, oppure inizia il suo cammino. Quella e’ la scelta in fondo, non trovi? Cosa guidera’ il tuo viaggio in questo mondo? La paura di muoverti, la convinzione di non averne bisogno, o la fiducia che vi sia abbastanza amore dentro e attorno a noi tanto da colmare quell’infelicita’ latente? Tu dici: “Ma come fai ad essere certo che quello che stai facendo per toglierti il velo dagli occhi in realtà non è anch’esso un miraggio? Come fai a sapere che quello che hai l’impressione di aver conquistato in realta non era solo un sogno. Capito che intendo? Io spesso ho l’impressione di aver conquistato qualcosa ma chi mi dice che quell’impressione non è il frutto della solita distrorsione della realtà in cui siamo immersi e da cui non riusciamo a distaccarci e che nel sogno mi fa credere di poter volare???” ; Non te lo dice nessuno! Puoi solo decidere se vuoi scommettere oppure no!! A volte le tue conquiste saranno solo altri miraggi, a volte no. Io posso solo dirti che ad un certo punto, qualcosa dentro di te, cambiera’ il ritmo del tuo respiro. Si allenteranno corde tese, quel nodo alla gola si sciogliera’ un po’, e allora…… non avrai bisogno di chiedere agli altri …lo saprai da solo.

    #4342 Risposta

    Sirenella

    p.s. sembra che lo scopo di questa scelta, da come mi pongo, sia quello di non soffrire. Vorrei solo precisare che stavo facendo degli esempi che mi hanno limitata. Ovviamente non siamo mossi solo dal dolore o da un’egoistica voglia di stare bene a discapito degli altri. La spinta e’ molto piu’ ampia, complessa e non esemplificabile in due parole. Spero possa essere chiaro 🙂

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