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Erronea identificazione del tipo

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Questo argomento contiene 25 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da  Eleonora 13 anni, 5 mesi fa.

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  • #4307 Risposta

    Marina Pierini

    Caro Roberto, mi hai fatta sorridere e pensare: meno male che c’e’ qualcuno che ha piacere e non timore quando si tratta di esporsi ad un confronto. Le discussioni scritte, cosi’ come i confronti a tu per tu, talvolta fanno sentire le persone esposte a giudizi, critiche, lotte di personalita’ quasi come se stabilire e chiarire la natura personale di un pensiero debba per forza corrispondere alla sopraffazione del pensiero dell’altro. Non credo ci si ponga mai spontaneamente in questi termini, ma e’ un fatto, succede, e non ti nego che negli ultimi tempi eventi della vita mi hanno vista impegnata altrove rispetto a quando scrivevo quissu’ quotidianamente, ma anche una sorta di stanchezza “da confronto” mi ha colta, perche’ mi sembrava si capitalizzasse troppo ogni cosa veniva detta e scritta. Io so di essere una persona che afferma cose con una certa determinazione, con una certa passione, a volte divento pignola perche’ come e’ cosi’ tipico per il mio enneatipo, il timore di non essere compresa mi spinge a spaccare il capello in 4 (un numero a caso ;-)!!). Con altrettanta sincerita’ pero’ so di non essere spinta da desideri di sopraffazione o competizione distruttiva. Amo il confronto, anche acceso. Le idee degli altri possono avere due effetti su di me…o convincermi che c’e’ una prospettiva piu’ convincente della mia e quindi arricchirmi di nuove idee, o confermare il mio pensiero sulla base di nuovi raffronti non convincenti e questo mi arricchisce ugualmente. Ovviamente e’ il mio patrimonio, e’ la mia vita, il mio pensiero che nulla toglie agli altri e so e ritengo che ciascuno porta a casa con se’ il bagaglio che preferisce. Un confronto non e’ una guerra, non ci sono morti e nemmeno feriti. Quando ci si sente feriti, forse una delle parti ha dimenticato che il terreno di gioco e’ appunto quello del confronto civile e non della guerra alla sopraffazione. Mi sembra di capire che anche tu la pensi cosi’ e quindi anche se con ritardo, stai pur certo che conto di risponderti sempre 🙂 . Per cio’ che concerne l’argomento spiritualita’ in quanto persona di fede, prossima al battesimo, sono felice di confrontarmi in qualunque modo tu voglia perche’ io ho la sensazione che siano veramente molte le persone che per svariati motivi hanno bisogno di parlare con qualcuno di un Dio, di una fede, di quella voce che talvolta fuggiamo tutta la vita o che neghiamo con convinzione. Ho gia’ affrontato questo argomento quissu’ in passato ma cosi’ come per la politica e le ricette di cucina il clima sembra non essere troppo fertile alla condivisione approfondita. Lo rispetto. Se desideri quindi aprire un argomento quissu’ sappi che molto probabilmente saremo gli unici a scrivere. Spero ovviamente di sbagliare, piu’ voci ci sono piu’ ha senso lo scambio, ma sai com’e’….uomo avvisato, mezzo salvato :-). Il fatto che tu poi abbia uscultato le tue voci interiori circa il signore Sgarbi mi ha veramente fatta ridere, sai Roberto che per un pezzo mi sembrava di poter accettare che fosse un sei??? Alla fine cosa sia veramente o chi sia quella persona non conta. Sono sempre dell’idea che le ipotesi sugli altri siano sempre e solo lo spunto per verificare le nostre conoscenze sulla materia e arricchirci di nuove riflessioni! Quindi perche’ vergognarti? cambiare idea e’ un atto di coraggio, di vitalita’ interiore e di grande spirito. Vorrei scriverti altre cose ma sto diventando prolissa, ti lascio solo con una provocazione….sai che per un tipo di 5 la conoscenza rappresenta il mezzo per ottenere la propria salvezza?

    #4308 Risposta

    Roberto Maieron

    Non aver paura ad essere prolissa, Marina. Ti leggo sempre molto volentieri e colgo da sempre l’intensita’ di quello che dici e le motivazioni che ci sono dietro, che gia’ avevo chiaramente percepito.
    Anch’io, come te, detesto le discussioni dove nasce una sorta di battaglia .
    Quando infatti lil confronto non è piu’ un ascolto reciproco(e diventa discussione), o quando vedo chequalcuno tenta di impormi il suo punto di vista, oppure quando vedo che non posso essere compreso, di norma da buon 5 mi ritiro.
    Amo molto il confornto vero e mi fa piacere che vi siano persone come te ed Antonio (ed anche altri amici che tuttavia conosco decisamente meno) cosi’ dipsonibili ad un sereno desiderio di aprirsi completamente all’altro essere umano. In tutti icorsi, in tutti i lavori, o in un rapporto di amicizia io non ho nessun problema ad aprirmi e a dire le cose piu’ intime e personali, a mostrarmi insomma. Sono solo contenuti di coscienza. In definitiva sono solo stupidaggini. Se li tengo dentro di me mi fanno male. Preferisco buttarli fuori e vedere quello che sono. Poca cosa che non spaventa nessunp. Ho sempre provato invidia verso le persone molto aperte e se sono nelle condizioni ambientali di poterlo fare non ho freni. Mi ricordo anni fa in un corso di crescita personale (saremmo state 70/80 perosne ) uno alla volta dovevamo metterci di fronte a tutti e manifestare la nostra apertura. Nel nostro modo, come ci veniva, spontaneamente. Mi ricordo come se stesse succedendo adesso: una persona si e’ messa di fronte a tutti, il conduttore gli ha detto: “apriti all’altro essere umano” e questa persona è scoppiata a piangere in modo straziante dicendo ch’egli aveva bisogno del nostro amore. Era cosi’ vero, cosi’ vero in quel momento. Ho provato unagramde emozione euna grandeinvidia per quella sua capaicta’ di esporsi cosi’ di fronte a tutti.
    Questo mio desiderio e’ cosi’ forte che per questo spero veramente che gli incontri di Firenze siano anche occasione di apertura reciproca.

    Per quanto concerne la salvezza del cinque legata alla conoscenza, voglio dirti una mia scoperta. La vera conoscenza consiste nel perdere ogni conoscenza. Piu’ si cerca di conoscere e piu’ ci siallontana dalla Verita’.
    Non bisogna cercare la conoscenza, ma abbandonare quella che si ha: una volta abbandonata ogni conoscenzxa, la vera Conoscenza si impossessa della nostra anima. So che e’ cosi’ per esperienza. Credo cdi essere un 5 un po’ anomalo perche’ (nonostante la conoscenza sia al centro del mio interesse da sempre) sono convinto che i libri, le idee, le ideologie, le filosofia ecc. sono solo un ostacolo verso la verita’. E, a parte quelli dell’enneagramma, da anni non leggo altro.
    Anche di questo mi piacerebbe parlarti di persona, se ti fa piacere.

    Grazie per la tua disponibilita’ Roberto

    #4309 Risposta

    Maura Amelia Bonanno

    Questa volta ho voglia di scrivere qualche cosa anche io. E’ interessante vedere come il mistyping susciti reazioni e spiegazioni differenti nelle persone. E’ un argomento che spesso esce durante le conversazioni fra enneagrammisti e che non lascia mai indifferente nessuno. Come mai è così importante?
    Tra le possibilità proposte da Antonio, sicuramente la povera o troppo veloce e riassunta descrizione da parte di chi spiega accade spesso, ma perché il mistyping funzioni necessita di un ascoltatore che si accontenta di ciò, che si ferma lì, che non è stimolato dalla curiosità di scavare un po’…che tipo sarà? La seconda possibilità suggerita da Antonio è il non volersi riconoscere in descrizioni percepite come negative…c’è bisogno di un “insegnante” poco cosciente che comunica l’esistenza di tipi “positivi” e tipi “negativi”, dimenticando che i punti hanno tutti la stessa distanza dal centro, e di un ascoltatore che ha questo paradigma “giusto/sbagliato” dentro di sé, attitudine al giudizio che è già un indicatore di per sé, ma se lui non lo riconosce e l’insegnate non glielo fa notare…L’uso del test confonde, ebbene sì, e su questo sappiamo che ci sarebbe da parlare per ore, mi limito alla considerazione personale che i test nell’enneagramma negano e ostruiscono lo scopo primo del sistema di farci da specchio. E l’immagine non cambia lo specchio…e noi non siamo né lo specchio, né l’immagine…C’è poi il non essere pronti a vedersi con occhi oggettivi. Agganciandomi a Claudio, concordo che il mistyping non avviene in modo casuale. Credo sia interessante esplorare quali sono le direzioni di interpretazione ricorrenti.
    Quali sono gli occhi oggettivi? Per molti quelli dell’ego di qualcun altro, pronto in posizione a deliberare tipi qui e là. Per altri, il cosiddetto “testimone”, l’osservatore, dimentichi che da un pezzo anch’esso è stato smascherato come parte della personalità, gettando alle ortiche le meravigliose identificazioni ed ego spirituali di molti “meditatori” (me compresa). Per la maggior parte gli occhi oggettivi sono quella dalla propria fissazione e sappiamo che l’ego non è in grado di riconoscere oggettivamente se stesso. Come dice Roberto, quando l’ego si guarda, si vede bello. Roberto descrive bene anche che quando ci si basa su troppe informazioni sbagliate e quando si macinano sottigliezze e non si vede più ciò che si ha davanti (noi ne sappiamo qualcosa…he?). Bellissimo l’esempio della rarissima malattia davanti a un’influenza. A Roberto voglio dire che credo ci sia una differenza fra la disindentificazione dalla fissazione che lascia spazio all’emergere della luce e di altri colori, e la luce sulla fissazione che ne fa emergere un’altra da cui un probabile dubbio sul tipo. E poi che porsi come obiettivo il vedere se qualcuno si è liberato dall’ego grazie all’enneagramma è un modo di volerne verificare la validità destinato al fallimento. Come più un sistema, uno strumento, liberare dall’ego, che è un sistema? Credo ci sia in giro molta confusione riguardo questo povero ego, senza cui non si vive. Io non so se ci si libera dall’ego, so che esiste la libertà dalla schiavitù dell’ego, che paradossalmente, sebbene richieda sforzi pratici e anni di sofferenza, non accade grazie a una tecnica specifica, ma indipendentemente dalla volontà personale e perché qualcosa di indefinibile ma percepibile ha voluto che facessimo spazio all’intercessione della Grazia senza la quale nulla succede.
    Agganciandomi all’utente ospite, è vero che la sostanza del nostro mutevole trasformarci sfuggirà sempre agli occhi della personalità. Non sfugge alla sostanza stessa, che siamo e che può percepire se stessa. E qui desidero ripetere ciò che ho scritto sopra, ci sono liste e liste di illusioni dell’ego che utilizziamo per definire e definirci e tutte le ipotesi e le ricerche nella identificazione sono estremamente interessanti, a patto che non ci si fermi lì. L’eccessiva importanza al definire il tipo “giusto” rischia di diventare un’altra fissazione. Ricordiamo quanto è facile fondersi con le descrizioni, credere di essere un enneatipo e vedere le persone come descrizioni dei tipi. Ciò che veramente importa è arrivare a riconoscere quanto la consapevolezza sia risucchiata dall’identificazione. A quel livello, avere una struttura della personalità di un tipo o un altro non è davvero più importante. Ma per arrivarci bisogna prima esserci in un certo senso sprofondati e vederne la trappola, ma a quel punto che importa se la trappola era bianca o rossa? L’enneagramma aiuta a scoprire ciò che non siamo. E se abbiamo bisogno di credere che siamo un tipo diverso, se cadiamo nel mistyping, credo ci sia qualcosa di estremamente importante da riconoscere esattamente lì. Se sono stata educata da un Uno e da un Nove, credo che definirmi in tali tipi, o averne il dubbio, sia molto utile per esplorare quei tratti che sicuramente porto con me. Ciò che “frega”, la trappola, secondo me non è il mistyping in se stesso, ma l’identificazione totale con la descrizione. Credo che se l’attitudine è verso la verità, a un certo punto la realtà della struttura che si è scelto di utilizzare verrà fuori e sarà quella che mostra la prigione, e se è la vera prigione, tale riconoscimento avrà un effetto nella coscienza.
    E’ un argomento di cui potrei parlare per ore, c’è così tanto da dire sull’utilizzo dell’enneagramma e sugli effetti nella coscienza. Ora però devo andare. Tornerò. C’è qualcuno interessato come me? Maura

    #4310 Risposta

    Roberto Maieron

    Condivido tutto quello che hai detto Maura. Mi piace sopratutto il tuo invito alla sostanza delle cose. Quanta coscienza è risucchiata nell’identificazione?
    Secondo me, tutta. Ma proprio tutta. E’ una pia illusione credere di essere coscienti di qualcosa.

    #4311 Risposta

    Chiara Tortorelli

    A mio avviso entrare nella condizione umana è imprenscindibile dall’ego. Il nascere umano è il nascere nella dualità, in una condizione di separazione, e l’ego è il principe, è l’essere differenziati, il principio d’individuazione. Ma è proprio grazie alla percezione della dualità a mio avviso che si può percepire consapevolmente l’altra parte: il principio d’unità. Dualità e unità viaggiano insieme, come ego ed essenza, legati, l’uno l’altra faccia dell’altro, vuoto e manifestazione, eternità e impermanenza. L’ego genera sofferenza solo se ci si attacca mani e piedi al suo dominio e ci si dimentica dell’altra sua faccia. Siamo fermi e fluiamo, sia eterni e moriamo. Cioè a un livello di coscienza siamo fugaci a un altro livello siamo imperituri.
    L’enneagramma è a mio avviso uno strumento per attraversare il mistero del nostro attaccamento, (in questo sono d’accordo completamente con Maura) e cioè della nostra identificazione. A mio parere non è l’ego ad essere smascherato, perchè un ego senza attaccamento è solo capacità di manifestazione, libera fluttuazione nelle infinite potenzialità del mondo manifesto, capacità riflettente. Ad essere smascherata è la dinamica del nostro attaccamento a quelle che consideriamo uniche risposte possibili, è l’attaccamento che genera sofferenza. Io mi attacco a ciò che penso mi definisca a ciò che mi dà senso e identità. Dire che sono questo significa che quindi non sono quello.
    Ma a mio avviso la liberazione è solo quando si percepisce che puoi essere questo e quello e che la gabbia te la sei data da solo proprio definendoti.
    La parola crea mondi e crea illusioni.
    La coscienza è una parolona. Cosa definiamo come coscienza? L’essere consapevoli di un meccanismo non significa a mio avviso molto se ciò avviene a un livello meramente razionale, essere consapevoli di un meccanismo forse vuol dire essersene distaccati, ma a livello profondo che esula dalla speculazione teorica. Sentirselo addosso, fotografarlo in modo completamente avulso dai consueti processi mentali, e forse incominciare poi a non percepirsi più come “quello”, ma sentirlo alla fine come un meccanismo meccanico a cui si è rimasti attaccati e non è neanche funzionale a mio avviso giustificarlo, nè sapere come nè quando, nè perchè è accaduto, il rischio è che si generino poi anche attaccamenti al proprio attaccamento. Magari sapere solo che è un riflesso, uno dei tanti riflessi, nè meglio, nè peggio, nè bello, nè brutto che il nostro specchio interiore ha captato e che abbiamo mantenuto come fosse l’unico “io sono”. Ma lo specchio è vuoto, e noi siamo vuoti. Cioè capaci di riflettere all’infinito infinite manifestazioni, che nella loro reale essenza sono luce e che il nostro attaccamento trasforma, definisce, trattiene e colora con le parole dell'”è questo e non è quello”.

    #4312 Risposta

    Chiara Tortorelli

    Ritorno su un punto che mi ha colpito molto “quanta consapevolezza è risucchiata dall’identificazione”, consapevolezzza a mio avviso è portare la torcia su..illuminare, quanta focalizzazione di attenzione devo operare per “identificarmi e far quadrare il cerchio”? E se porto la torcia su un punto, quanta area avrà il nero blak out perchè le torce si sono traferite tutte su un punto?

    #4313 Risposta

    om

    ” l’umiltà come l’oscurità, rivela le luci celesti “

    #4314 Risposta

    Eleonora

    per la prima volta, sto conoscendo abbastanza intimamente una donna CINQUE. Solo ora mi trovo davanti un modello col quale confrontarmi. Non mi era mai capitato di trovarmi davvero un 5 di fronte. Debbo constatare che ci sono delle cose in comune, come ad es. la forte tendenza a razionalizzare molto ogni cosa, ma quello che mi colpisce di più di questa persona è il suo enorme self-control. situazioni cariche di emozioni in modo esplosivo, e che a me farebbero saltare dalla sedia, lasciano lei in una sorta di apparente indifferenza; ma ciò che mi ha colpito con maggiore forza è il suo totale silenzio davanti ad eventi forti. vive una situazione familiare dove la comunicazione è realmente annullata sia col marito che con i figli. ormai, sta sull’orlo della separazione (da lei voluta e pianificata da anni), ma ancora non ne parla con i figli e nemmeno col marito. Da anni vive separata in casa e non si parla col marito col quale, però, lavora (hanno una tipografia), il marito non torna a casa che a notte fonda (sono anni che non pranzano o cenano insieme). Sul lavoro (unico luogo in cui si vedono), il marito la offende e la ferisce continuamente anche davanti ad altre persone, ma lei non regisce mai, continua a tacere. E’ una donna profondamente delusa, che dal matrimonio si aspettava altro, un marito maggiormente partecipe della vita familiare e a cui stesse a cuore anche la sua felicità, cosa che non si è verificata. Ma lei non ha mai più di tanto parlato delle sue aspettative e dei suoi desideri, ha sempre dato per scontato che suo marito dovesse capire autonomamente, senza che lei stesse lì a chiedere. La mia sensazione è che è stato disintegrato un amore e un matrimonio solo ed esclusivamente per la mancanza di chiarezza che nasce da una totale mancanza di comunicazione. Lei è consapevole di ciò, ha dei dubbi sulle reali responsabilità del marito, ancora adesso non sa niente di come è davvero il marito, intuisce che può essersi sbagliata su alcuni atteggiamenti del marito o comunque, di non esserne sicura, ma ormai è fatta, l’amore è finito e il matrimonio è saltato e non c’è più niente da fare. ho scritto questo perchè credo sia molto importante nell’identificazione del proprio enneatipo, oltre a tutte le motivazioni che qui sono state date, anche la possibilità di confrontarsi con persone che appartengono al proprio tipo. io ho creduto per anni di essere un 5 ma, a parte qualche raro caso (come ai seminari, anche quelli tenuti da Antonio), non mi era mai capitato nella vita quotidiana di imbattermi in un 5 e di conoscerlo un po’ di più di quello che lascia trapelare all’esterno. ciao a tutti

    #4315 Risposta

    Carla Basagni

    ..quindi potresti essere un Quattro anche tu, cara Eleonora, come parrebbe capire dalla partecipazione emotiva con cui riferisci il caso della tua amica Cinque.
    La vicenda che racconti è interessante per capire come agiscono le compulsioni, le risposte nevrotiche nella nostra realtà quotidiana. In questo caso la tua amica Cinque si è messa davvero in una tristissima situazione, primaditutto negandosi all’altro ( con il risultato di incattivirlo nei suoi confonti), poi vivendo la sua separazione su un piano solo immaginario, senza fare niente per attuarla davvero e infine, con l’autoisolamento, riuscendo a sopportare una situazione di ostilità e denigrazione aperta dell’altro che farebbe scappare chiunque ( ma lei riesce a sopportarla a lungo). Appare chiaro che il percorso di riscatto e salvezza, per lei, è quello verso l’Otto, come previsto dallEnneagramma. In altre parole, l’amica Cinque dovrebbe scoprire e lasciar agire nella sua vita l’archetipo del “Guerriero”. Mi riferisco a un libro interessante che ho letto di recente sugli archetipi sopiti nella nostra vita interiore, che aspettano solo di essere risvegliati. Non si tratta di Jung, anche se è chiaro che parte da lui tutto questo filone di studi e ricerche in proposito. L’archetipo del “Guerriero” è quello che afferma la propria volontà con le parole e con le azioni, che lotta per quello in cui crede e non teme di “tagliare come rami secchi” situazioni e persone che fanno stagnare la sua vita. Un altro archetipo affascinante descritto in questo libro era quello del “Mago”, consapevole che nulla accade per caso e che ci sono forze segrete, non immediatamente visibili, che muovono le cose. Dovrei avere il libro a casa. Lo cerco, altrimenti guarderò su INternet per vedere se rintraccio l’autrice e il titolo. Potrebbe fare bene una lettura così alla tua amica, che ne dici?
    Un cordiale saluto, Carla

    #4316 Risposta

    Utente Ospite

    Ecco ho ritrovato il titolo.Si tratta di “L’eroe dentro di noi” di Carol S. Pearson. Dovrebbe essere anche abbastanza famoso, ci sono un sacco di notizie su Internet, in proposito. Forse lo conoscete..
    Ciao, carla

    #4317 Risposta

    Eleonora

    Grazie, Carla. Comprerò il libro e lo leggerò perchè mi hai incuriosita parecchio, e già il titolo mi attizza…chiaramente lo consiglierò anche alla mia amica. un cordiale saluto anche a te. eleonora

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