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La rinuncia alla vita di un Nove.

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Questo argomento contiene 6 risposte, ha 4 partecipanti, ed è stato aggiornato da  Antonio Barbato 6 anni, 1 mese fa.

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  • #13493 Risposta

    Cari appassionati di enneagramma, in occasione del ventesimo anniversario della morte del mio amatissimo papà, sento il bisogno di condividere qui una riflessione molto triste, per me un insight, che mi ha raggiunta mentre pensavo e facevo tutt’altro. Premetto che mio padre era un Nove, scomparso a soli 49 anni pur avendo goduto sempre di ottima salute (come me non aveva mai fumato in vita sua, aveva valori ematici perfetti e, come me, era ipoteso ovvero soffriva di pressione bassa), lasciando mia madre e me, sua unica figlia, in un caos – emotivo e pratico – intenso come uno tsunami. Uno tsunami, a questo evento devastante e catastrofico ho sempre paragonato la sua morte e, soprattutto, gli stravolgimenti che hanno colpito me e mia madre dopo quel 1 ottobre 1998. Mia madre morirà 9 anni dopo, il 25 agosto 2007, raggiungendo così il suo amato – come amava ripetere – ed a me è toccato ricostruire la mia vita e, soprattutto, il mio equilibrio psico-emotivo. Credo di esserci riuscita benone, tra mille difficoltà e molta sofferenza, ma non è questo ciò di cui voglio parlare in questo post. Voglio invece parlarvi dell’insight di cui facevo cenno all’inizio: quello che ho percepito essere la rinuncia alla vita di mio padre. Negli anni che hanno preceduto la sua improvvisa malattia e morte, egli si trovava nella condizione, scomodissima ed avvilente per un Nove, di essere chiamato a prendere posizione in vari conflitti che coinvolgevano le persone a lui più care. Mia madre e mia nonna paterna erano in guerra fredda da sempre ma il clima era diventato progressivamente più teso a causa di interessi economici nell’ambito della famiglia di mio padre, interessi per cui – secondo mia madre – mio padre non sapeva farsi “rispettare”, difendendo sé stesso e noi da atteggiamenti iniqui. Oltre questa guerra interna, mio padre veniva chiamato a prendere posizione anche in mio favore da me, sua unica figlia, che vivevo un acceso conflitto con mia madre per ottenere maggiore libertà e sperare di cominciare a condurre una vita più normale, più simile a quella dei miei coetanei. Parentesi: mia madre era un Sei moolto apprensivo, iper ansioso e – tratti – paranoico, che mi aveva sempre tenuta sotto una campana di vetro per evitare corressi qualsiasi rischio di possibili situazione/evento negativo, riguardante OGNI aspetto della vita, arrivando ad impedirmi di frequentare l’università per terrore che potessi involontariamente trovarmi in una sommossa studentesca, ad esempio. Ma non ho intenzione di farvi altri esempi del suo stato fobico in questa sede, chi mi conosce sa di cosa parlo, avendo ascoltato spesso vari aneddoti a riguardo. Quanto a mio padre, ogni volta che chiedevo il suo sostegno e speravo nell’alleanza con lui, si limitava a tacere o a rispondermi, con aria addolorata, di cercare di “levare occasione”, di non sollevare battaglie perché sapevo come era fatta mia madre. Quest’uomo, che ho così profondamente amato e cercato talvolta di difendere anche dal suo stesso immobilismo (soprattutto quando avvertì, prima di tutti gli altri, i sintomi della malattia che cominciava ad insinuarsi), evitava il conflitto a livelli cosmici, laddove si trattasse dei suoi affetti più cari, visto che nel lavoro invece non permetteva a nessuno di pestargli i piedi. Ricordate qual è l’evitamento del Nove? E’ il sollevare conflitti o prendere posizione in conflitti riguardanti figure fondamentali della sua vita, soprattutto appartenenti alla sua famiglia. Il Nove vive malissimo anche il contattare e gestire i propri conflitti interiori, che cerca di narcotizzare e silenziare in mille modi. Ciò che mi è stato chiaro ieri, tornando all’improvviso insight di cui sopra, è che mio padre sia potuto arrivare addirittura a rinunciare alla vita pur di non prendere posizione, pur di non schierarsi tra persone a lui egualmente care. Morire è equivalso ad uscire di scena, a defilarsi, a sottrarsi alla morsa delle aspettative di moglie, figlia, mamma, sorella e fratello che gli chiedevano supporto, ciascuno in direzioni che a lui sembravano inconciliabili tra loro..

    #13502 Risposta

    Cara Angelo, grazie della tua preziosa testimonianza che conferma quello che diciamo in tutti i corsi ai quali partecipo; l’incapacità del Nove nel prendere posizione, quando si tratta di entrare in conflitto con persone care, rovina prima di tutto se stesso ma anche coloro che gli sono accanto.
    A differenza di tutti gli altri tipi che utilizzano la rabbia per difendersi da situazioni di stress “familiari”, il Nove non riesce a farlo perché equivarrebbe, a livello psicologico, al diventare “cattivo”. Stare con papà contro mamma o viceversa.
    E’ talmente intensa questa dinamica, che resta totalmente inconscia, che il Nove retroflette la rabbia contro di sé fino al punto di somatizzarla e le conseguenze sono più drammatiche quando la tensione cresce.
    Tuttavia, anche gli altri coinvolti non ne escono bene, perché è difficile, in una relazione, sopportare una mancanza tale di attenzione e un simile apparente disinteresse.
    Io suggerisco sempre la lettura del romanzo Stoner che, oltre ad essere scritto in modo impeccabile, mette in scena splendidamente il disagio che una figlia può provare per la mancanza di attenzione che, questo atteggiamento del padre, può significare per lei. In realtà ci sarebbe proprio tanto da aggiungere sulle dinamiche che il rapporto mamma invadente/padre irrilevante hanno su una figlia ma mi riservo di parlarne in un altro momento.

    #13503 Risposta

    Grazie per la tua testimonianza! Leggendoti ho ripensato ad una carissima amica 9, che avendo perso l’uomo con cui aveva vissuto simbioticamente per circa 10 anni, si è ammalata “silenziosamente” e, solo perché letteralmente costretta da noi amici, ha effettuato un controllo medico, che l’ha portata ad un’urgente operazione (alla quale non voleva neppure sottoporsi)….operazione che le ha salvato la vita! Ciò nonostante a tutt’oggi non effettua i controlli che sarebbero opportuni! Il 9 appare quindi dimentico di se’ nel conflitto, come descrivi tu, ma anche negli eventi di separazione e perdita…si perde completamente, senza rendersene conto, come asserisce Antonio Barbato, inconsciamente ed inconsapevolmente prosegue il suo cammino nella vita “per inerzia”, senza nessuna effettiva attenzione a se’.

    #13504 Risposta

    Questo tema mi intriga molto, anche perché mi fa ricordare la rabbia con la quale Dante condanna all’Inferno gli Accidiosi, proprio perché non hanno voluto scegliere e sono ora costretti, per la legge del contrappasso, a smuoversi per l’eternità dalla loro inerzia, correndo dietro una bandiera che non riescono mai a raggiungere. Dante prova per loro un disprezzo che non si estende ad altri peccatori quali, ad esempio, i suicidi e varrebbe la pena di chiedersi perché. Il discorso di estende, infatti, a quello che si può fare per la compassione, lasciando stare che oggi si dà al termine un significato negativo (come, ad esempio, quando si dice: mi fai compassione). Perché Dante ritiene che questi peccatori non meritino compassione e, inoltre, ha ragione a pensare così? Le risposte a queste domande sono acutissime; per il poeta essi non meritano compassione perché non l’hanno avuto in vita, perché sono stati, in fondo, dei vili che hanno tradito il senso stesso dell’esistenza, che è quello di agire per intervenire sul mondo. La loro inerzia, infatti, non colpisce solo loro stessi ma si estende, come un virus, infettando il mondo con la passività e l’inettitudine. In termini di enneagramma delle personalità si afferma che il principio di tutti i cambiamenti consiste nell’azione essenziale, nella volontà di provare a cambiare l’esistenza, senza restare intrappolati nel proprio chiacchierio interiore o nel rimirarsi, con una specie di auto compiacimento interiore, il proprio ombelico. Gli accidiosi, invece, sembrano rifiutarsi violentemente di farlo, adoperando l’atteggiamento di una roccia, di un essere immoto ed immobile e questo pregiudica alla vita stessa la possibilità di poter evolvere dal suo stato primitivo. Dante sembra suggerire che esiste un obbligo verso la vita che non può essere eluso, rifiutandosi di entrare in essa fino in fondo e per questo è così reciso. A me sembra che il discorso meriti molta importanza se si estendono questi ragionamenti alla relazione caregiver/bambino. Se il genitore è inerte fisicamente il bambino muore, se lo è a livello emozionale il bambino si auto inibisce, se lo è a livello di intervento complessivo, il bambino può contare solo sulle proprie energie e non riuscirà mai ad uscire dalla simbiosi originaria con la madre. Ecco, questo forse è il punto determinante. L’inerzia del Nove, la sua volontà (perché tale è) di non prendere posizione, rendono in prospettiva, un inferno la vita dei bambini che dipendono da loro, perché non trasferiscono il messaggio fondamentale di ogni percorso di crescita: “per uscire dallo stato di impotenza originaria puoi utilizzare la mia forza, la mia volontà di essere una parte attiva nei processi di interazione che affronterai”. Il discorso, poi, si complica se volessimo esaminare anche le relazioni con gli eventuali partner e considerare l’amore che i bambini, in ogni caso, continuano a provare naturalmente per una figura che si rivela, però, come il Re Travicello della famosa poesia del Giusti.

    #13505 Risposta

    Grazie infinite dei vostri interessantissimi commenti, Antonio ed Alessia.
    A quanto già efficacemente detto da Antonio riguardo la simbiosi del figlio con la madre, voglio aggiungere un concetto ribadito da Massimo Recalcati sulla genitorialita’ paterna: solo l’epressione della volontà ed autorità paterna salva il figlio dall’essere “fagocitato” dalla madre e lo rende individuo con identità propria ma salva al contempo anche la madre dall’annullare totalmente il suo essere persona, identificandosi completamente nell’essere madre. Questo sano equilibrio nella mia famiglia è venuto a mancare, ovviamente, purtroppo.

    #13506 Risposta

    Anonimo

    E’ questo il genere di riflessione che mi aiuta a comprendere un tipo!Le definizioni rischiano sempre di rimanere un po’ astratte, creando fraintendimenti. Cosa è davvero l’accidia per un nove? perché l’evitamento del conflitto è un pilastro della struttura di questa personalità? come fa un nove a conciliare il piacere emozionale del lasciarsi scorrere le cose addosso,del lasciar passare il tempo, con l’esigenza di non prendere posizione per se? la dimenticanza di sé può arrivare a delle estreme conseguenze se a un nove poco consapevole viene chiesto di parteggiare, di schierarsi apertamente in ambito affettivo (in primis ma non solo). Ecco che un nove, attraverso un insight di sua figlia, viene messo a fuoco laddove egli stesso ha evitato di farlo per un’intera vita e a costo della stessa! perché è utile questo lavoro? tuo padre non c’è più, purtroppo, tuttavia le incomprensioni e il dolore che ti ha causato col suo non agire ti hanno segnato profondamente nel carattere, oltre che aver consegnato lui alla morte. Oggi invece tu,affrontando questo cammino fatto di presa in carico del tuo processo di maturazione, hai messo a segno un punto fondamentale non solo per te, ma per tutti noi che desideriamo imparare a conoscere e ad usare questo strumento.

    #13508 Risposta

    E’ forse un caso che,in un post che tratta in modo approfondito dei Nove, non aggiunga un suo comemnto nessun Nove???

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