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Questo argomento contiene 12 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da Roberto Maieron 13 anni, 5 mesi fa.
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Roberto MaieronSono ritornato da pochi giorni dal Sat Uno edu, ossia il Sat rivolto agli insegnanti . In realta’ un Sat come gli altri da come ho potuto capire.
Mi sono smontato/sfasciato completamente. Ho compreso molte cose sulla mia struttura caratteriale . Credo di aver compreso gli aspetti piu’ importanti.
Ho visto come la mia struttura e’ nata, ho visto la trappola , ho visto la prigione e gli automatismi di me che, ancora come un bambino, mi muovo in un mondo adulto. Ho visto come tutti gli elementi che caratterizzano il mio enneatipo e il mio sottotipo in realta’ costituiscono un corpo unico e coerente, e non sono un elenco di cartteristiche apparentemente scollegate fra di loro. Ho visto che il Sat non è altro che un modo un po’ piu’ intenso della vita normale. Il Sat infatti sta continuando nella vita, non finisce mai.
E’ stato molto molto intenso. Interiormente mi preparavo da mesi e mi aspettavo molto. Credo di aver trovato quello che stavo cercando.
In questi ultimi due giorni ho una enorme confusione. Mi accorgo che , dopo che mi sono smontato pezzo per pezzo, ora mi sto rimontando.
MA il robottino di prima non c’e’ piu’ e faccio onestamente molta fatica a ricostruire una struttura accettabile.
Nonostante tutto, pero’, ho trovato nel sat qualcosa di troppo soft. In passato ho fatto dei lavori molto duri e il sat a mio giudizio – pur di grande valore – puo’ elevare il lavoro fino ad un certo punto. Oltre non puo’ andare. Ci sono dei limiti che ho identificato con una certa chiarezza sulla base della mia esperienza passata.
Nello stesso tempo, pero’, mi rendo conto che cosi’ come e ‘ concepito il Sat non puo’ essere strutturato diversamente. E’ perfetto per gli scopi che si prefigge. Quindi in questo senso non ho critiche da fare.C’e’ comunque un errore di base cui non posso non accennare.
Molti anni fa, quasi una ventina, il mio Maestro mi disse: “Ci sono due modi per relazionarsi con le persone: una e’ quella di rivolgersi all’Ego; l’altra è quella di rivolgersi all’Individuo. In entrambi i casi ci sono delle conseguenze. Se ti rivolgi all’Ego sara’ l’Ego a risponderti. Se ti rivolgi all’Individuo, Egli in qualche modo lo sentira’”.
Ecco, al Sat anche i conduttori si rivolgono all’Ego e non all’Individuo. In tal modo gli danno ancora forza e credibilità. Anche se lo fanno con amorevolezza e con dolcezza, anche se operano aperti e disponibili, questo atteggiamento ha delle conseguenze. Io posso parlare a Voi come individui e vedere l’Ego per quello che è, ossia come una sorta di vestito che indossate. Come una persona è bionda, o porta gli occhiali, o indossa un abito blu, così ognuno di noi possiede uun Ego nel quale si è identificato. Ma non esiste nessun Uno, Due, Tre, Quattro, Cinque, Sei, Sette, otto, Nove. Non sono mai esistiti. Sono solo degli abiti da dismettere
e di cui noi ci svestiamo quando cominciamo a contattare la sofferenza esistenziale. Ma continuare a parlare di numeri e rivolgersi ai numeri aspettando (anche solo interiormente) che si comportino di conseguenza significa non permettere all’Individuo di essere se stesso, di essere libero.
Su questo avrei moltissime cose da dire, ma mi fermo qui .
Volevo condividere. Vi ringrazio per averlo fatto con me.
Utente Ospite/Lo sveglioCome si fa a bypassare l’ego e a parlare all”individuo”???
Marina PieriniForse nello stesso modo in cui si parla ad una coscienza? Qualcuno nel buio degli abissi deve pur esserci, no? 🙂 scherzo….e’ molto bella la tua testimonianza Roberto, bentornato!! Tuttavia quando tu scrivi della tua insoddisfazione circa l’approfondimento ricevuto su certi argomenti, o modalità di insegnamento, e non solo qui, ma anche in altri tuoi interventi, mi chiedo se ti rendi conto di tirare fuori la caratteristica di alcuni 5 che in fondo “totemizzano” la conoscenza, come se il sapere potesse consentire il raggiungimento di una qualche specie di salvezza. Parlo a TE ovviamente, sapendo che la tua individualità e’ comunque condizionata da un ego che ti fa vedere o no, certe tue peculiarità. Insomma l’individuo che vede la realtà deformata dallo specchio deforme dell’ego. Ma quanto controllo hai sull’immagine deforme? Quanto percepisci oltre? Non e’ mica facile lo sai, cogliere brandelli di verità oltre il caleidoscopio del nostro ego?! Non basta una vita! Riuscire ad accettare che l’immagine che ci arriva non è quella reale è già un bel risultato secondo me, forse perchè ci rende piu’ vigili, piu’ umili e meno assolutisti. Piu’ “consapevoli” paradossalmente di come siamo fatti e di cosa NON sappiamo di noi. C’e’ qualcosa che tutti sanno di noi, e noi no. C’e’ qualcosa che nemmeno noi sappiamo di noi stessi e il mondo non può rivelarcelo. C’e’ qualcosa di noi, a cui abbiamo accesso solo noi…e aggiungo io, solo Dio. Cominciamo a capire che abbiamo una carrozzeria che ha delle caratteristiche. Questo non riduce o limita in alcun modo la nostra volontà di esplorarci per cercare la nostra vera identità, il nostro IO, ma ci aiuta (si spera) a liberarci di quello che non serve a tale scopo. Però se non si parla del “numero” come si spela la cipolla per arrivare all’individuo? Come ci si libera del superfluo per arrivare al nocciolo? Caro Roberto, chi insegna, come fa a raccontarti chi sei, se nemmeno tu lo sai? Puo’ dirti cosa sembri, senza andare oltre, non credi? Mi sembra onseto, poco ma onesto. A volte quando ti leggo mi trasmetti la sensazione che per te la conoscenza è la salvezza, mi sbaglio o in fondo ti agita questo demone tutto tipico della tua carrozzeria cinquesca? Percepisco solo io questa sorta di smania di sottofondo che ti rende sempre poco soddisfatto delle esperienze che vivi? Tutto ti sembra poco degno di attenzione tranne il sapere, che non e’ mai abbastanza? Il sapere non e’ “di fatto” mai abbastanza, se ci pensi e’ un orizzonte che si alza sempre, non esiste il sapere assoluto e non esiste salvezza attraverso il sapere. Piu’ sai, e piu’ capisci di non sapere. La conoscenza e’ uno strumento, che ci puo’ aiutare, ma ci vuole altro. Altro cosa? Qualcuno saprebbe dirlo a parole? Qualcuno potrebbe descrivere quella strana e potente sensazione che ti fa battere i piedi nella melma oscura dell’abisso inconsapevole e ti da la forza terrificante di rialire? Terrificante si, perche’ gli abissi ci stanno comodi come pantofole usate. Cos’e’? Cosa ti possono mai dare gli altri? Come mai sembri attenderti da altri quello che solo dentro te stesso puoi trovare? Morire. Chi puo’ scegliere per noi? Chi puo’ darci il coraggio di farlo? Non si rinasce, se non si muore. Io penso che non possono essere gli altri a farti vivere questa esperienza. Cosa vuoi dal mondo che non hai dentro te? Cosa puo’ darti veramente il mondo? Quella strana “cosa” che ci spinge a morire con paura e rinascere con coraggio, te la puo’ dare il mondo? La conoscenza? Cosa, secondo te? Scusa, forse non ho letto correttamente le tue affermazioni, ma mi dai emozionalmente tutta questa serie di spinte e percezioni che mi fanno vedere quanto tu tenda proprio a “guidare” un veicolo molto 5, lamentando di non essere veramente visto e se gli altri con il loro “sapere” ti dicono chi sei, allora sei salvo. Ma se tu guidi come un 5, una carrozzeria 5 mostri al mondo. Forse tu puoi essere visto per quello che sei davvero, quando lasci uscire fuori quello che sei davvero. Scusa la frase contorta!! Se nemmeno tu riesci a scoprire chi sei, come possono farlo gli altri? Possiamo solo rifletterti un fotogramma di cio’ che trasmetti di te e sperare che tu riesca a lavorare in verticale, dominando l’ego, conoscendo bene le forme della tua carrozzeria e scartando tutto questo per giungere a qualcosa di nuovo e di piu’ unico. Nel film “l’esorcista” per scacciare il demonio, il prete parlava al demone, tentando di raggiungere la voce interiore della bambina posseduta. Forse si parla all’ego, nella speranza che qualcosa arrivi agli abissi, ma siamo noi a dover vivere la lotta. Come si fa a bypassare l’ego, per parlare all’individuo? Come si parla all’individuo se e’ l’ego che comunica con il mondo esterno?
Roberto MaieronUn fiore che scopre in se’ la vita non smette di essere un fiore, e continua a mostrarsi agli altri come fiore e lui stesso vive e si comporta come un fiore. Ma egli sa che non e’ veramente un fiore, ma che egli è la vita che si manifesta e fluisce in modo armonioso.
L’ego e l’individuo sono strettamente intrecciati al punto che distinguere l’uno e l’altro non è facile. Che cosa è l’individuo e che cosa e’ l’ego? L’ego cambia continuamente volto, è come una scimmia che va di ramo in ramo, l’individuo no. E’ fermo, stabile. Il pericolo è quello di credere di combattere l’ego, quando iinvece si combatte l’individuo. C’e’ un solo modo per combattere l’ego: interiormente amarlo, accettarlo, ringraziarlo,IGNORANDO il suo dibattersi e i suoi capricci. Solo cosi’ puo’ morire. In un certo qual modo , quando dico ignorare, è come la pratica della virtu’ che dicono per l’enneagramma.
Ossia ti comporti come se avessi gia’ quella virtu’, ignorando le “tentazioni”, ossia gli stimoli che provengono dall’ego. Ma ignorare gli automatismi nella pratica della virtu’ (per usare delle espressioni del mondo dell’enneagramma) puo’ essere pericoloso se si vivono i propri automatismi come dei nemici da combattere.
L’amore e’ l’unica soluzione per conciliarsi con loro.Come si fa a bypassare l’ego? Chi non riesce a distinguere le due cose può praticare questa virtu’: l’altro essere umano sono io. La bellissima storia di De Mello lo insegna…
Marina Pieriniquesto mi piace molto di piu’ 🙂 anche se, sviluppando il tuo pensiero, ignorare gli automatismi puo’ risultare forse pericoloso…ricorda che l’ego tende sempre a farci sprofondare nella dimenticanza di cio’ che sappiamo, nell’oblio, nella noncuranza. Accettare con amore i propri meccanismi, parlarne sapendo che quando lo facciamo possiamo diventare per un po’ qualcosa di “parziale”, sapendo bene che questo non ci puo’ privare della nostra interezza…che noi siamo qualcuno e non …qualcosa…chissa’…ma sono certa che amore e’ la risposta anche quando non si sa bene cosa fare o come farlo. 🙂
Roberto MaieronSì, l’amore è la chiave di tutto. Chi non apre il suo cuore non potra’ mai fare strada.
Roberto MaieronSento la spinta a dire ancora una cosa, poi non diro’ piu’ nulla a riguardo.
Chi e’ l’individuo? Come identificarlo?
Se ci pensate bene, anche Gurdieff ne parla quando descrive la carrozza, i cavalli, le redini, il cocchiere e il passeggero. Il passeggero e’ l’individuo (quella che nel mondo dell’enneagramma si definisce come essenza).
Io ve la propongo in un altro modo. Ora siete davanti al ocmputer e state leggendo quello che c’e’ scritto. Se allungate una mano sulla vostra fisicita’ , e vi toccate , potete essere coscienti che quello e’ il vostro corpo. Se vi tagliassero un braccio, una gamba o altro, vi sentireste come individui sempre completi. E’ il vostro corpo che non sarebbe completo, mai voi sareste sempre gli stessi. Se percepite il vostro stato d’animo di questo momento, diventate coscienti delle vostre emozioni, un groviglio pazzesco che si presenta a voi sempre in modo diverso o ricorrente. Sono le vostre emozioni, le riconoscete, ma non siete voi. Se avete un pensiero, o razionalizzate, o visualizzate un gatto, quella è la vostra mente. E’ separata da voi, non siete voi. Il mondodella mente e’ un mondo che cambia continuamente, un parco giochi dell’assurdo. Voi siete i testimoni di quello che vi succede, sempre uguali, inalterati e fermi , centrati e stabili, non raggiungibili da nulla. Quello li’ e’ l’individuo.
Utente Ospite/Lo sveglioma secodo voi l'”individuo”, come lo state chiamando in questa sede, non si manifesta mai da solo? è sempre permeato dall’ego? ci sono istanti in cui lo si può vedere?? lo si può percepire??
ChiaraSecondo me lo si può vedere nei momenti di meditazione o di contemplazione. E’ qualcosa di simile a una consapevolezza non mentalizzata o concettualizzata, è presenza completa di te e di ciò che c’è intorno, ma non c’è un io e te o dicotomia, sei un tutt’uno, te e il mondo, c’è un’attenzione aperta dilatata che sembra tutto accogliere. Comunque le parole sono parole ossia chiacchiere, bisogna solo provarci perchè è una cosa che abbiamo proprio tutti, sta lì da sempre, accessibile, e magari sperimentata senza saperlo mille e mille volte. Basta solo trovare la chiave giusta per accedervi, e non c’è secondo me “una” chiave, o una strada per tutti, ognuno ha la sua.
Ciao. Chiara
Antonio BarbatoIl solito dilemma della difficoltà a distinguere fra l’ego e l’essenza (quello che Roberto chiama, usando un’espressione di Gurdijeff, l’individuo). Posso chiedere prima di inoltrarmi in questa discussione, se qualcuno mi dice non che cosa è, o non è, l’ego, ma come, quando e perché nasce? Altrimenti stiamo solo versando, come avrebbe detto il vecchio cirrotico Gurdijeff, il nulla nel vuoto.
Roberto MaieronL’ego in realta’ non esiste. E’ solo un’illusione. Il problema è capire come mai sembra cosi’ dannatamente vero e come si è originato. Ci ho lavorato sopra molti anni fa per tanto tempo e le esperienze (sto parlando di esperienze non di letture o di considerazioni mentali, sono almeno ventanni che so che la conoscenza e’ solo esperienza e so anche molto bene che la vera conoscenza è perdita di conoscenza – per questo non leggo quasi nulla da quasi vent’anni, a parte in questi ultimi tre anni enneagramma e costellazioni familiari) mi hanno portato a una risposta che reputo chiara e conclusiva. Penso che le cose non possano essere diverse da come sono. L’ego non puo’ non determinarsi. E’ impossibile che non si determini. Vi sono alla base della sua nascita dei processi assolutamente automatici che esulano dal tempo, dall’ambiente, dalle vicende personali, ecc….Spiegare questi processi automatici è molto difficile, non credo di riuscire a farlo con le parole perchè non esistono le parole adeguate.
Però posso dire qual e’ l’elemento da cui partire per capire in che modo si struttura: questo elemento è la coscienza. Che cos’è la coscienza? Esiste una coscienza? Molti erroneamente credono che la coscienza sia l’individuo. No. L’individuo è prima della coscienza. Comprendere che cos’è la propria coscienza e che cos’è la propria volonta’ (sto parlando della volontà pura/libera non di una libertà illusoria, condizionata da meccanismi, desideri/avversioni) consente di capire in che modo si è strutturato l’ego. La mia esperiezan mi dice “come” si è strutturato l’ego.
Sul “quando” si è strutturato non lo so. Potrei fare delle congetture, delle riflessioni, delle considerazioni, dei ragionamenti, ma detesto sostare in un ambito puramente mentale.
Il capitanoE’ vero Roberto, l’ego DEVE determinarsi. Esso è parte del dono che abbiamo ricevuto e che possiamo definire come consapevolezza del sè. E’ un veicolo col quale percorriamo la nostra vita, ma spesso non ci soffermiamo nemmeno per un momento a valutare quali siano le caratteristiche di questo veicolo, perchè, ad esempio, tende a tirare sempre e solo verso un lato, se esso è un veicolo stabile o uno in continuo mutamento. L’individuo, come dici, è davvero prima della coscienza, ma la coscienza è l’unico mezzo col quale conosciamo la realtà e l’ego è la forma adattativa che essa deve assumere per potersi confrontare coll’ambiente nel quale viviamo.
Roberto MaieronCondivido in toto le tue parole.
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