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Questo argomento contiene 92 risposte, ha 1 partecipante, ed è stato aggiornato da  un atomo 13 anni, 5 mesi fa.

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  • #4419 Risposta

    Marina Pierini

    Carissimo Roberto, ti sei speso moltissimo per spiegarmi i vari concetti di oggettivo, e ti ho letto con molta attenzione. Per quanto mi riguarda, circa la tua ultima spiegazione sull’interpretazione oggettiva, io aggiungerei che personalmente ritengo che l’interpretazione oggettiva altro non sia che un modo filosofico, forse teorico, di spiegare pur sempre la soggettività. Sarò ottusa, e quindi chiedo perdono. Io sono convinta che tutto, ogni concetto, portato all’esasperazione possa essere soggettivo, ma credo anche che a certi livelli ci si possa fermare ed osservare un evento in quanto tale. Facendo un esempio come te, al di là delle sensazioni o memorie che io evoco quando guardo una sedia assieme a te, quella che osserviamo è pur sempre una sedia. In questo breve perimetro di realtà, possiamo parlare di qualcosa di oggettivo, che poi ciascuno di noi renderà unico e personale. Dunque anche l’enneagramma è, entro certi limiti, oggettivo, anche se una volta infranto e fuso nella coscienza individuale esso diviene soggettivo perchè miscelato all’esperienza unica e irripetibile di ogni singolo individuo. Dunque se il pericolo è che osservandoci possiamo notare quanto si rafforzi la nostra appartenenza a quella tale tipologia, possiamo prendere atto del fatto che qualcosa che ha trovato un riscontro preciso dentro di noi, ha poi iniziato a prendere la forma che a noi sembra più comoda, indossabile, ma che ci vorrà del tempo e che al pari di un paio di scarpe nuove, non riusciamo a fare finta di non percepirle più. La coscienza ci impedisce di mettere in cantina questa nuova sensazione e la consapevolezza di indossarle (le scarpe) ci lascia percepire ogni cucitura che preme sul piede, ogni centimetro di noi che cozza e struscia contro questo guscio nuovo. Essere coscienti di indossare un paio di scarpe nuove, ci fa sentire ancora più “abbigliati ai piedi” di quanto non ci sembri normalmente, quando abitualmente la nostra coscienza viene distolta da percezioni e pensieri che il nostro cervello ritiene più utili o da tenere sotto controllo. Questo penso più o meno, limiti del forum permettendo 🙂 Non capisco comunque, quale sia la tua preoccupazione, almeno mi è sembrato che tu fossi in qualche modo turbato da un qualche pensiero che poi con le nostre chiacchiere è passato in secondo piano….non vorrei come sempre aver dirottato la conversazione e averla resa meno proficua del dovuto! Fammi sapere! Un salutone a tutti….

    #4420 Risposta

    Roberto Maieron

    Si’, Marina, in effetti volevo dire delle cose, come avevo premesso dopo la mia prima recente comunicazione, per le quali mi ero riservato di prendere qualche giorno, perche’ non avevo il tempo di dirle. Sono cose che ho rivissuto di recente e che avevano bisogno di una introduzione come quella che ho fatto.
    Sono cose che intendo dire perche’ sono nella mia testa e voglio tirarle fuori per darle loro realta’. Altrimenti non lo diventeranno mai. Rimarranno sensazioni e idee. A questo proposito invito tutti coloro che leggono questo messaggio a cercare di abbandonare per un momento l’aspetto razionale, mentale, per scegliere di avere un approccio diverso, dove si mette in discussione tutto ma proprio tutto alla base(la mente per prima – ogni pregiudizio e’ ovvio) . Al pari dell’atteggiamento di Almaas che nel suo libro dice che se un’intelligenza venisse dallo spazio e valutasse gli uomini sulla
    terra non saprebbe dire se c’e’ la vita su di essa. Gli uomini per esempio
    sono prodotti di una fabbrica o sono esseri intelligenti? Per Almaas è evidente che sono dei prodotti di tipo industriale in cui non c’e’ ne’ intelligenza ne’ volonta’. Io sono d’accordo con Almaas. E sono d’accordo anche con Gurdjieff il quale, quando gli chiedevano che cosa deve fare un essere umano per risvegliarsi, rispondeva che era inutile parlare ad un automa. Dunque, se l’intelligenza e la mente sono solo un peso, e tutto quello che pensiamo e su cui (apparentemente) crediamo di ragionare in effetti solo solo automatismi , risposte a degli stimoli per una mente -memoria, tanto vale non credere alla propria mente e affidarsi ad altri strumenti conoscitivi di carattere intuitivo e percettivo.
    Mi spiace ma purtroppo devo interrompere. Continuero’ domani.

    #4421 Risposta

    Marina Pierini

    Premetto che ho ben capito il senso di quanto affermato sia da Gurdjeff sia da Almaas dopo di lui. Veramente Gurdjieff lo diceva in senso proprio letterale, non da valutare in altri modi, almeno così ricordo. Io tendo però a considerare certe affermazioni come appunto, spunti che vanno letti con altri sensi che non quelli prettamente fisici e meccanici. Sono considerazioni verosimili sui grandi numeri e non nello specifico. Questo tipo di realtà a mio avviso crolla nell’ osservazione del singolo. Io dubito che l’uomo manchi di volontà. Dubito che questa affermazione si possa provare. Penso che la volontà non sia un’energia sufficiente in molteplici casi (appunto sui grandi numeri) e in altri i livelli siano così bassi da non produrre altro che risposta meccanica e illusione di cambiamento. Ma ciò che non è razionale in me mi dice che la mia volontà esiste, che in un certo “perimetro” è reale, che essa non basta a sè stessa ma che il suo non bastare non ne annulla l’effettiva esistenza e le infinite possibilità. Roberto, so che è difficile, solo che quando tu dici “io sono d’accordo” senza spiegare cosa intendi tu, è come se tu diventassi un segnale stradale che ci dice “leggere gurdjieff o Almaas” e dunque non capisco se sei TU che dici qualcosa o LORO che dicevano qualcosa che tu ci giri a modo tuo. In fondo anche il fatto che Alieni direbbero ciò che sostengono loro, lo sostengono loro, non gli Alieni. E’ una loro strumentalizazzione a sostegno di una personale visione delle cose. Una tra le tante. Se gli Alieni fossero più meccanici di noi potrebbero scambiarci per mille altre cose. Insomma se io riconosco qualcuno o qualcosa basandomi sulla mia esperienza e sul confronto con ciò che sono e conosco, bisognerebbe vedere CHI sono gli Alieni ed a chi ci paragonano per poter fare un’affermazione simile. Platone, al contrario di G. ed A. diceva che per l’uomo è possibile “uscire dalla caverna”. Per tanti che dicono una cosa ve ne sono altrettanti che affermano il conrario. Dunque vorrei parlare con TE, perchè se tiriamo in ballo tutta questa gente, a parlare saranno loro, una marea di voci, attraverso la nostra interpretazione e ciò che ne consegue è un caos di simil verità e personalizzazioni che non sento come proficuo. Almeno io. Spero che tu possa dire quello che pensi senza usare citazioni e concetti detti da altri che poi ciascuno di noi interpreterebbe liberamente. So che ci vuole più tempo e più pazienza ma secondo me ci si capisce meglio, per quanto possibile. Se non sei d’accordo, allora con la mia mente aggrovigliata come filo spinato mi sforzerò di interpretare a modo tuo quello che altri hanno detto. Ma ti toccherà sopportare i miei rallentamenti …io ti ho avvisato! 🙂

    #4422 Risposta

    un atomo

    Se chiedi di abbandonare l’aspetto razionale e mentale io capisco che devo utilizzare un altro approccio l’unico che conosco alternativo è quello legato all’intuizione. Se mi affido ad essa non mi sembra tanto importante che certi concetti li abbiano espressi Tizio o Sempronio, ma nemmeno mi disturba se vengono citati. Se è l’intuizione che devo ascoltare e percepire non mi sembra degnoi di nota se a parlare sia Almaas (ad esempio) o l’interpretazione che ne dà Roberto Maieron. E’ una cosa del tutto ininfluente, l’importante è ciò che colgo spontaneamente in un messagio, e quale tipo di associazioni inconsce si incatenino tra di loro liberamente fino a giungere all’insight. Insomma se ho acpito bene ci chiedi di utilizzare forme di pensiero divergente e creativo, che utilizzi i meccanismi dell’intuizione, lasciando da parte l’analisi logica e razionale della catena causa – effetto, cercando di evitare in questo modo le meccanicità dei pregiudizi e delle credenze che sentiamo come vere. Secondo me è importante, prima di addentrarsi in questa discussione, capirsi su questa premessa, altrimenti rischiamo di usare linguaggi talmente diversi da risultare inconciliabili. Baci.

    #4423 Risposta

    Roberto Maieron

    Bravissima atomo. Hai detto in maniera perfetta quello che io cercavo – arrancando – di dire.

    #4424 Risposta

    Roberto Maieron

    Ora cerco di continuare.
    In realta’ sono io stesso che faccio molta fatica a spiegarmi, perche’ non riesco a trovare le parole adatte e dato che ci sono comunque molti passaggi che inevitabilmente devo fare. Poi alcune cose io le do’ assolutamente certe e scontate, mentre vedo che per altre persone, come per esempio per te Marina, non lo sono affatto.
    Per esempio io do’ per scontato che non esiste una coscienza individuale. Anche questa e’ una premessa indispensabile per poter spiegare quello che ho vissuto qualche giorno fa e che mi offre una prospettiva dell’enneagramma secondo un’immagine che non avevo mai visto prima. Esiste la relazione , ma non esiste una coscienza individuale.
    Questa non e’ solo una mia esperienza conoscitiva. Potrei citare altri ricercatori famosi della Verita’ che lo hanno detto in modo molto chiaro, senza dubbi interpretativi.
    Non li cito perche’ mi viene espressamente richiesto di non farlo. Ma del resto immaginiamo che una persona nasca del tutto priva di sensi (udito, olfatto, vista, gusto, tatto). Potra’ avere dei pensieri? potra’ avere delle idee? Potra’ sviluppare dei desideri? Una mente cosciente con tutto il suo pasticcio si determina solo in una relazione con le altre persone.
    E il contenuto di quella coscienza e’ determinato dalle relazioni che quella persona ha con il mondo (esperienze, letture, conversazioni, scoperte, ecc.). Ma la vera natura della coscienza e’ quella di non esistere.
    Comunque, accettabile o meno che sia questa cosa che dico, credo che per voi sia indubbio che esista una coscienza collettiva unitaria, cui ogni persona attinge. E’ un modo un po’ diverso per dire sempre la stessa cosa, ossia che non esiste una coscienza individuale distinta, nel senso di separata (come non esiste in assoluto l’originalita’ o la capacità di inventare qualcosa di nuovo).
    Nel famoso poema indiano del Mahabarata (scusate la trascrizione probabilmente errata) c’era un giovane personaggio che voleva diventare
    allievo di un grande maestro di spada, un grande maestro d’armi. Questo maestro lo caccia in malo modo, respingendolo. Senza darsi per vinto, questo giovane (chi conosce i nomi dei protagonisti li potra’ citare, a me interessa rievocare solo la vicenda), costretto a vivere nei campi, costruisce un fantoccio cui da’ una vaga rassomiglianza con il maestro d’armi e inizia a venerarlo come se fosse realmente il maestro d’armi che lo aveva respinto. Cosi’, inizia in autonomia con il solo supporto di quell’idolo un duro addestramento e nel giro di qualche anno diventa un magnifico combattente, imparando tutto quello che il maestro d’armi nella realta’ conosceva . Nel corso delle vicende del poema il maestro d’armi viene a sapere di quanto accaduto e affronta il giovane chiedendogli di essere pagato per le lezioni che gli aveva dato.
    Questa vicenda e’ possibile? E’ possibile entrare in relazione con qualcuno
    che non e’ fisicamente presente? E’ possibile attingere esperienza e conoscenza da chi non e’ presente o addirittura e’ gia’ morto? Non tramite libri o racconti o materiale concreto, ma tramite un rapporto DIRETTO, semplicemente indirizzando l’attenzione su quella persona?
    Io lo credo non solo possibile, ma assolutamente vero. Ho visto con i miei occhi persone che soffrivano la passione del Cristo, rivolgendo la sua attenzione su di lui. Ci sono santi che hanno avuto le stimmate stando sul cammino di Cristo e avendo un contatto diretto con lui (san Francesco per esempio o lo stesso Padre Pio). In forma piu’ banale, il contatto con la persona cui si presta la propria attenzione devozionale puo’ sostanziarsi in sogni dove si ricevono indicazioni ed istruzioni, o dove si vivono delle esperienze particolari. Queste sono esperienze che quasi tutti i ricercatori che hanno avuto un Maestro conoscono molto bene. Che sia reale o meno questo personaggio/maestro non e’importante. Quello che e’ importante è che chi agisce cosi’ lo crede e gli da’ realta’.
    Anche Ebert da’ realta’ a quel Mozart 7 che vive dentro di lui, come Naranjo da’ realta’ a quel Mozart 2 che si trova nel suo cuore.

    Ok domani continuo . Concludo anzi. Dovro’ saltare dei passaggi perche’ me ne vado in vacanza, ma cerchero’ di arrivare al dunque.

    #4425 Risposta

    un atomo

    Io credo che quello che dici sia possibile e ci arrivo per altre riflessioni. E’ noto per esempio in psicanalisi l’importanza di alcuni ‘fantasmi’ situazioni esperenziali non realmente vissute (come ad esempio un abuso di tipo sesuale) ma che vengono percepite come tali dai soggetti provocando identiche conseguenze. A simili considerazioni porta anche la riflessione su quello che Jung chiama l’inconscio collettivo, la memoria di qualcosa di non esperito direttamente e che va a costituire gli archetipi comuni all’umanità e testimoni di radici arcaiche. Non a caso lui la chiama psiche oggettiva. Anche ciò che emerge dai sogni ha questa natura di cui tu parli, così come l’intuizione. tu fai l’esempio del maestro d’armi, ma io credo che tutti noi hanno fantocci come maestri d’armi , qualcuno ne è più consapevole altri meno. Alcune delle letture della mia primissima adolescenza ad esempio sono state per me un maestro d’armi, non ha avuto poi molta importanza se le esperienze vissute dai personaggi di questi libri io l’avessi o meno ersperite, in realtà le ho vissute e nella mia memoria emozionale hanno avuto realtà quanto quelle percepite con i sensi. Può sembrare una visione irrazionale, ma io so che pur non essendo vissuta in un sanatorio come il protagonista della montagna incantata di remarque la verità su me stessa che di lì è pasta è reale quanto la mia casa di bambina è rimasta nei miei circuiti neuronali e nelle mie associazioni sinaptiche esattamente come un dato esperenziale e svolge la stessa identica funzione nel mostrarmi la strada della mia evoluzione. Sento che il terreno si fa scivoloso, difficilmente mi piace parlare di queste cose perchè in genere si scontrano con una serie di formulazioni razionalizzanti, di domande molto logiche ma che non colgono l’essenza . mi fermo e sono pronta a tornare indietro molto velocemente, ma tu Roberto senti risuonare qualcosa?

    #4426 Risposta

    un atomo

    un refuso del post precedente dove ho citato remarque a posto di thomas mann neanche a farlo apposta conferma la mia teoria, sono entrambi scrittori maestri d’arme per me 🙂

    #4427 Risposta

    Roberto Maieron

    Dici delle cose molto interessanti, atomo, che condivido in toto.
    Ma dato che questo e’ il mio ultimo post perche’ vado via una decina di giorni, sono costretto a tagliar corto su tutti i passaggi e tutte le premesse che sostengono la mia idea e sintetizzare quanto avevo da dire
    dopo il mio messaggio del 31 luglio 2008.
    Nella realta’ del mondo c’e’ un solo individuo. Appaiono miliardi di persone, ma in realta’ c’e’ un solo Essere. Ogni persona e’ come un elemento di variazione di manifestazione (se cosi’ posso dire) di un solo individuo. Come un essere umano si compone di un’infinita’ di cellule e di elementi che funzionano in modo diverso e “si esprimono” in maniera diversa, cosi’
    ogni essere umano e’ una infinitesima parte di un tutto unitario. Ma le radici rimangono sempre nell’Essere. In realta’ quindi c’e’ una sola persona. Il percorso di integrazione dell’Enneagramma è un percorso di disidentificazione
    dalla personalita’ per acquisire una graduale identificazione con l’Essere.
    I due possibili percorsi dell’enneagramma (integrazione o disgregazione) possono essere letti, nei vari enneatipi, come due differenti processi composti da due soli elementi: la proiezione e l’identificazione.
    Tutti gli esseri umani che ci circondano SONO la nostra reale personalita’.
    Non sto parlando di qualcosa di simbolico o di rappresentativo , ma quello che dico lo si deve intendere proprio alla lettera. Quando mi riconosco in qualche persona, vi e’ un processo di identificazione. Al punto che, se osservo la persona con cui sto vivendo un processo identificativo , divento proprio lei, e – se la sto osservando e ascoltando – non riesco piu’ a capire se sono io quello che parla o quello che ascolta, dato che la sensazione e’ quella di farlo contemporaneamente.
    Con i figli parziali processi identificativi sono abbastanza evidenti, dato che trattiamo i nostri figli come se fossimo noi da piccoli (per esempio un 8 protegge i suoi figli perche’ in realta’ sta proteggendo se stesso, che – nella sua esperienza infantile – nessuno ha mai protetto; un 2 da’ quell’amore ai suoi figli che nella sua esperienza infantile non ha avuto, ecc.) Anche nel caso di lutti molto dolorosi ci sono parziali processi identificativi: con la persona cara sentiamo che muore una parte di noi, da cui non vogliamo ovviamente separarci.
    Nella normalita’ tutte le persone e tutti gli enneatipi sono nella loro nevrosi in quanto proiettano sulle altre persone quelle parti di se’ che non riconoscono come proprie. Solo riconoscendo una parte di se’ in ogni persona e’ possibile avviare quel lungo processo di identificazione con l’Essere e di disidentificazione dalla personalita’. Ogni enneatipo fa utilizzo di particolari automatismi proiettivi (si dice cosi? Bo?!) e di spontanei momenti identificativi a seconda della natura del proprio enneatipo.
    Sto studiando la cosa e voglio costruire un diagramma con i vari enneatipi (sottotipi principali compresi) per immettere nel sistema dell’enneagramma questi due elementi (proiezione e identificazione secondo la prospettiva dell’oscuramento ontico e del percorso di recupero dell’Essere ) . Qualche giorno fa avevo le idee molto chiare su quanto sto dicendo, in quanto avevo avuto delle esperienze nei giorni del Sat che mi avevano aperto gli occhi come rare volte. Ora sono piu’ confuso e meno lucido, anche perche’ sto facendo uno sforzo di razionalizzazione e di ricostruzione di momenti intuitivi.
    Un saluto a tutti. Vi confesso che mi e’ costato un po’ parlare di queste cose per tutti i timori tipici del 5, che esita molto a mostrare i suoi tesori
    di conoscenza. Ma penso anche che tutti questi timori sono solo stupidaggini. Non mi interessa se qualcuno da’ valore o meno a quello che dico. Non mi interessa neppure avere ragione. Evito di solito le discussioni non perche’ voglia ritirarmi da esse, ma solo perche’ trovo assurdo discutere di contenuti concettuali. Tiro fuori le cose comunque perche’ e’ giusto. Come mi ha insegnato il mio maestro, quando si comunica qualcosa (meglio piu’ volte), quello che e’ vero resta, quello che non e’ vero se ne va. Un saluto e un bacione.

    #4428 Risposta

    Marina Pierini

    Carissimo Roberto, cara Atomo, anche se tu Roby leggerai il mio tardivo intervento quando sarai di ritorno dalle vacanze non importa. Ho letto quanto dici e concordo con il processo di identificazione e di proiezione che in noi è necessario e che è il nostro “istinto sociale” ossia di compensazione che attiva e ci obbliga ad usare. Tuttavia non sono assolutamente d’accordo con il principio per cui non esiste l’individualità ma solo un unico Essere. Questo comportamento è pur sempre frutto di un istinto che agisce in noi come gli altri due. Sicuramente un essere privato del tutto dei suoi sensi non può strutturare il proprio senso di individualità…ha bisogno degli altri….così com’e’ vero che una collettività di persone private di sensi non possono rappresentare alcuna collettività. La mia spiritualità è solidamente radicata sulla libera scelta di ciascuno di ricongiungersi a colui “da cui veniamo” oppure no. Assieme al rapporto col mondo di cui noi ci nutriamo, col quale ci fondiamo e ci confrontiamo l’uomo ha bisogno anche del proprio senso dell’Io. Noi parliamo di noi stessi dicendo Io non NOI. Anche se padre Pio o chi per lui si identifica con la Passione di Cristo, egli non sarà mai Cristo stesso e ne sa riconoscere la differenza, tanto che egli si identificherà col suo nome e non con quello di Cristo. Se ti è mai capitato di vedere una serie televisiva molto interessante che si chiama Star Trek The next generation (si tratta degli eredi della vecchia serie), conoscerai sicuramente il nemico numero Uno degli esseri che popolano l’universo: i Borg. Essi agiscono come una collettività che ragiona con una mente comune, che assimila gli altri indiscriminatamente e li priva della loro natura individuale, ma nella perdita dell’individualità essi perdono ogni creatività, ogni capacità di differenziarsi, ogni capacità di dire no, dove la collettività vuole si. Ho capito che si parla di argomenti che vanno percepiti non intellettualmente o almeno non SOLO così….ma io credo che un discorso del genere tenda a divenire qualcosa che non sento mio, qualcosa che mi rende esiliata in maniera (scusa lo dico affettuosamente) un pò troppo cinquesca da tutto un percepire spirituale che interferisce con un ragionamento così rassicurante. Mi sembra un sistema seducente per esprimere la necessità di non rispondere di scelte che stanno all’individuo, e che pure scremando tutte quelle identificazioni e proiezioni e meccanicità che ci caratterizzano esistono nella mia coscienza spirituale. Voglio dire che se anche solo lo 0,1 % di un essere umano non è meccanico o attribuibile alla volontà di una Unità che ci condiziona, quello 0,1% è Io..ed Io è ciò che io sono veramente, ciò che mi rende veramente collegata, ciò che mi è stato Donato da colui che E’ ma che non sono Io, perchè Io non sono Lui. Questa differenza è la sostanza della nostra umanità secondo me e del motivo per cui noi siamo Uomini e Lui non lo è. Per quanto riguarda la tua necessità di donare qualcosa di te, senza doverti dispiacere o chiudere a causa delle opinioni degli altri, sappi che ti apprezzo, che questo rischio è condiviso, che ho adottato la tua soluzione fin da quando scrivo qui, che credo lo facciano alcuni ma non tutti, che anche questo fa parte del gioco e che parlare di noi ci espone inesorabilmente a delle critiche, delle valutazioni, delle differenze di pensiero e di sentire, ma che non credo ci sia da parte nè mia nè di altri, il desiderio distruttivo di elevarsi con arroganza sugli altri. Avere la pssibilità di dire certe cose, di riscontrare in altri cose da loro non percepite e vedersi criticati in maniera sana nello stesso modo, è l’unico modo che abbiamo quissù di crescere, di comunicare, di lasciare qualcosa di noi, di prendere dagli altri e di sentire che esistiamo. Per usare quello che diciamo, è la necessità di avere un riscontro collettivo che ci dice che esistiamo, e che Io esiste anche se la collettività non condivide il nostro pensiero. Eleonora diceva altrove che ci vuole coraggio ad esprimersi liberamente. Io credo che il coraggio ci voglia nello scoprire che si sopravvive anche se la collettività non ci sostiene. Proprio perchè Io secondo me, c’e’. Sarà un percepire quattresco, per carità, in ogni caso i contenuti delle discussioni, anche i più concettuali di questo mondo possono essere motivati da impulsi che di concettuale non hanno nulla. Credo che il nostro sguardo, come l’occhio di una telecamera debba sapientemente avvicinarsi al particolare o allargarsi al generale a seconda delle circostanze e di ciò che la sensibilità di ciascuno ci fa leggere “oltre”. Siamo diversi e siamo uguali ma questo non riesce a zittirci in un’unico silenzio e un motivo a mio avviso c’e’. Buone vacanze Roberto e se vorrai condividere il tuo lavoro anche se io non la penso come te, sarà un piacere sincero per me, come per altri che ti leggono. Personalmente la curiosità di scoprire nuove possibilità in me non è comunque mai morta 🙂 …

    #4429 Risposta

    Marina Pierini

    P.S. Atomo anche Bettelheim dice nel suo libro che il genitore tende ad agire sul figlio come se egli fosse un’estensione di sè. Tende a proiettare ed identificarsi al punto da interferire con la vera personalità del figlio. E’ pur vero che il figlio a questo si ribella, perchè sente istintivamente che lui non è colui da cui viene, ma un individuo a sè. La necessità di essere differente è pur sempre presente, perfino nei tipi 9 Fusione, che sebbene accettino qualunque richiesta della persona a cui sono fusi, seppure dimenticano sè stessi al punto di diventare l’altro, si differenziano dal genitore proprio perchè lo hanno fatto. Non è il genitore ad essersi fuso al proprio familiare, ma il figlio a loro, ed in questo saranno differenti da coloro coi quali si fondono. Io credo che studiare gli istinti, così come la nascita dell’ego e come essi agiscono e ci condizionano sia fondamentale prima di attribuire a mio avviso certi comportamenti a qualcos’altro…per questo sono un pò diffidente circa alcune visioni che mi sembrano non tenere conto di qualcosa che è nelle nostra fondamenta. Per questo non amo le citazioni, perchè escludono a priori il dover approfondire cose che ci sono sfuggite o che sono state accantonate da chi ha detto o scritto qualcosa. Ovviamente è la mia opinione (devo scriverlo sempre o dopo tre anni posso evitare di precisarlo?) 🙂 baci…

    #4430 Risposta

    un atomo

    Mi verrebbero tantissime considerazioni da fare, l’unica cosa che mi sento di dire è questa: secondo te quando noi parliamo di abbandonare l’ego nell’enneagramma cosa intendiamo dire se non il superamento della nostra soggettività che non è altro che forma illusoria e la fusione in quell’Uno che non ha qualità in quanto è Il Tutto? Mi rendo conto che bisognerebbe scrivere un trattato… però io penso sia molto interessante questo punto perchè ho notato altre volte , anche in via teorica, un attaccamento al concetto dell’ego. Come se si dicesse questo ego è meccanico, si muove come un automa, non ha nulla di essenziale e spontaneo , ma è l’unica cosa che abbiamo, perciò il meglio che possiamo fare è tenercelo, facendolo evolvere con un pò di spintarelle. Io non la vedo così. Per me il superamento dell’ego è radicale e sta nel riconoscimento che ogni dualità compresa quella individuo- resto dell’universo è solo inganno e parzialità. Senza questa premessa non si ha alcuna liberazione nè evoluzione spirituale rimane solo uno sforzo inutile , è come se noi fossimo un’ossidata maniglia di ottone, se guardiamo la materia di cui siamo fatti tendiamo a lucidarlo e a renderlo brillante, ma rimaniamo sempre ottone, e poichè quando ci facciamo belli lo facciamo sempre rispondendo alle nostre meccanicità, in questo percorso interiore così inteso non cogliamo nulla di essenziale.

    #4431 Risposta

    un atomo

    Cara Marina non avevo letto il tuo ultimo post perchè non lo visualizzzavo … ti volevo dire una cosa sulle citazioni. Intanto una citazione è il riportare fedelmente una frase o dei periodi di un autore, altra cosa sono concetti che hai metabolizzato e che sono divenuti tuo patrimonio anche se provengono da scritti, intuizioni, opere altrui. Poi, dico, tutte le nostre conversazioni, allora sono citazioni, perchè non facciamo altro che citare l’enneagramma, o meglio una visione dell’enneagramma, è darla come base scontata, da cui deriva ogni risposta. Io credo che questo sia un pò un limite e invece trovo i momenti più belli, interessanti e stimolanti sul forum quelli in cui accanto all’enneagramma si cita (in senso ampio e non letterale) tantisimo altro. Perchè ognuno di noi quando ha incontrato l’ennea non era tabula rasa e quindi in ognuno esso si è sposato a una marea di cose conosciute altrove e per vie diverse, l’integrazione che ognuno di noi fa, non solo con la sua sensibilità particolare, ma anche con il mondo delle sue altre conoscenze è meraviglioso e allarga l’orizzonte in modo che può essere veramente una fonte di ricchezza infinita.

    #4432 Risposta

    Marina Pierini

    Gurdjieff diceva che in noi c’e’ una legione, che l’ego non è uno solo ma molte voci, troppe e che il nostro scopo dovrebbe essere quello di ridimensionare quelle voci fino a portarle ad una. E’ una visione, non è LA visione. La psicologia moderna dice altro. E’ una visione, non è LA visione. Probabilmente Almaas si rifà alla scuola dei Sufi (non lo so non l’ho letto) che come lui tendono a credere alla possibilità della cancellazione dell’ego. E’ una visione, non è LA visione. Ma ciascuno di noi dovrebbe poter sostenere quello che dice, senza partire da un assunto come invece usando le citazioni avviene di fatto!
    Io non credo nell’amputazione di una parte di noi per il raggiungimento di quella “salvezza” rappresentata dal ricongiungimento con l’unità. La spersonalizzazione dell’individuo, la fusione sterile con una unità non creativa mi sembra una visione molto mentale ed arida. Sono certa che solo qualcuno degli studiosi di enneagramma sia convinto che l’enneagramma possa portarci all’annullamento dell’ego e che questo qualcuno si ricongiunga ad un pensiero più prettamente Sufico.
    Il fatto che qualcuno tra i tanti lo sostenga sembra spingervi a dare per scontato che è questo lo scopo finale per tutti, ma a mio avviso siete in errore. Tutti gli autori, compreso Ichazo non affermano affatto che lo scopo ultimo dell’edp sia la cancellazione dell’ego. Quando mai? La deduzione che sembra accomunare queste molteplici visioni dell’edp sembra concludere esattamente il contrario. Mi sembra che si dia per certo qualcosa che non solo non è condiviso in senso più generale ma nemmeno mai “provato”. Non dico che non siano mai esistiti individui privi di ego, come posso escluderlo assolutamente? Non lo so! Forse c’e’ stato qualcuno che si è definito così? E siamo sicuri che una persona priva di ego abbia avuto l’interesse a mostrarsi al mondo? O è stato definito così dagli altri? Ma quanto la dipendenza verso “il totem” ci fa vedere in altri quello che non c’e’?? Dai…queste sono cose che sappiamo bene! E’ una teoria, una filosofia, una possibilità per pochissimi probabili…un idealizzazione a mio avviso, che rende lotanissimo e impossibile l’obiettivo da raggiungere e per Ichazo ed altri anche inutile. Ma sopratutto, perchè? Tu Atomo parli di dualità…no no…a me sembra che Roberto parli di UNità. Lui dice, senza spiegare come ci arriva, che NOI siamo IO. Da questo assunto assoluto ci porta ad una conclusione assoluta.

    #4433 Risposta

    Marina Pierini

    Cerco di comprendere quello che pensi ma a volte vado un pò in confusione. Una volta abbiamo avuto una discussione a proposito del senso del sé degli animali. Forse lo hanno molto primitivo, ma non si tratta della percezione umana della propria individualità, il senso del sè. Tu non eri d’accordo con me e dicevi che anche gli animali hanno quel senso dell’identità, dell’individualità. Eppure oggi sembri confermare quanto dice Roberto, e dici che l’uomo non è individuo ma Unità. Ma come? I cani sono singoli individui oltre che collettività e gli uomini no? Non capisco. E se non fosse la soggettività ad essere illusoria, ma la nostra meccanicità??! A mio avviso la nostra soggettività è una verità parziale….e c’e’ una bella differenza tra la parzialità e l’illusione. L’edp ci dice che illusione è tutto quello che noi investiamo e facciamo per far trascorrere il tempo in attesa di una morte che temiamo e non comprendiamo. Quello è illusione, anche dal mio punto di vista oltre che la base dell’edp almeno di quello che noi accettiamo e studiamo. “Noi” intendo proprio me e coloro che seguono questo tipo di approccio, capisco che non è “voi” e trovo giusto parlarne ma a quanto pare nn siete d’accordo. Abbiamo lavorato su di un enneagramma non solo psicologico Tecla, alla fine del corso sono state affrontate le nostre passioni da un punto di vista metafisico e quello che è venuto fuori, quello che è risuonato nei presenti concordava con certe intuizioni. Concordava, significherà pur qualcosa, o gli altri sono quelli che non capiscono? Possiamo discutere all’infinito su quanto questo sia attendibile o no, ma quello che non possiamo se vogliamo uno scambio è darlo come un FATTO senza sforzarci di spiegare personalmente come ci siamo arrivati e cosa ci suona dentro e quanto sia una nostra parziale verità. Tu mi sembri attribuire all’edp una visione più sufica e spirituale che spalmi su tutto come se non ci fossero altre vie. L’azione sul fisico produce un risultato metafisico. Questo sembrate affermare senza dare alcuna spiegazione di quello che c’e’ nel mezzo e che a questo vi conduce. Io chiedo spiegazioni, non citazioni. Accetto qualunque idea, purchè venga argomentata e chiarita, e non mi sembra di chiedere qualcosa che io per prima non offro, onestamente. Partire dall’assunto che siccome Almaas scrive che l’individuo non esiste allora “in realtà nel mondo esiste un solo individuo” mi sembra un modo di voler attribuire valore assoluto ad una affermazione che omette tutto quello che c’e’ ne mezzo. Come si arriva ad una percezione del genere? Come si risolve la questione degli istinti? La si è affrontata? Come si risolve la questione dell’ego? Come mai gli esseri umani, anche i più manipolabili e uniformabili, prima o poi sentono di doversi “differenziare”?? Se le citazioni diventano un modo per non argomentare qualcosa che abbiamo assimilato, stiamo cercando una scorciatoia secondo me, per enunciare una convinzione e non condividere un percorso. Quale che sia. Va benissimo se i concetti altrui divengono il nostro patrimonio, ma non dimentichiamo che c’è sempre una fusione tra noi e l’altro che produce qualcosa di nuovo, dunque citare senza approfondire mi sembra una scorciatoia per non dire nulla e attribuire ad altri il frutto di qualcosa di totalmente nuovo che invece stiamo affermando noi.

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